Dal surf di Gaza al deserto immenso dell'Egitto: prosegue il viaggio degli Omosumo alla scoperta di nuovi orizzonti tra l'elettronica e la psichedelia
Sono passati poco più di due anni da "Surfin' Gaza" degli Omosumo, un album importante, ambasciatore di un messaggio semplice quanto pesante. La complessità e la ricerca di nuovi orizzonti musicali era evidente, tanto da risultare ancora oggi attualissimo. Sembra quasi non sia passato un solo giorno dalla sua uscita, mentre invece siamo arrivati a un nuovo album, il cui titolo corrisponde al nome della band: un simbolo di assoluto, il classico disco omonimo che segna lo spartiacque della storia di una band. Da lì si passa, e quel disco, così volutamente legato al destino di un gruppo, riuscirà a rappresentarne degnamente l'evoluzione e il futuro? In questo caso, la risposta è sì.
Dal surf di Gaza al deserto immenso dell'Egitto, percorso con la mente prima che con gambe stanche e assetate.
L'altrove diventa pilastro fondamentale in questo album: ogni traccia è un punto di partenza verso qualcos'altro, o più probabilmente verso l'illusione di un qualcos'altro, dato che non esiste mai un reale punto di arrivo. Forse sta in questo l'esperienza che il trio palermitano composto da Angelo Sicurella, Roberto Cammarata e Antonio Di Martino riesce a trasmettere: la potenza dell'essere in partenza, le riflessioni, le paure, le ansie e le speranze di chi conosce benissimo ciò che lascia e vive con un misto di timore e fibrillazione ciò che lo aspetta. Un percorso che spesso si rivela deludente, ma mai al punto tale da arrivare a non rifarlo, appena dopo, rivivendo come in un loop le medesime sensazioni, ogni volta più intensamente, con l'idea di un definitivo che mai si concretizza.
Il sound, lontano dall'essere riconducibile ad altre esperienze già vissute, ben si innesta però nel panorama alternative contemporaneo, arrivando a far rivivere in alcuni momenti le emozioni, altrettanto isolane, di Iosonouncane, ma è importante ripeterlo, di paragone non si può certo parlare.
Le canzoni, sorrette da basi elettroniche spesso minimali, si sollazzano su linee vocali sfalsate su più tonalità, quasi a voler celare un'identità solida per lasciare maggiore spazio ad un'interpretazione spiritesca, sfuggente, indefinibile. Gli Omosumo rifuggono la volgarità della vita terrena, elevandosi a un qualcosa che sta tra il mistico e l'evanescente, ma sono bravi a farlo senza risultare parodici: credibili dall'inizio alla fine.
Ed è proprio la credibilità, che parte dalle voci per arrivare capillarmente a contagiare e impreziosire tutta la componente strumentale, a fare la differenza, e a fare di Omosumo non solo un disco di pregevolissima fattura, ma anche una sorta di indice di quello che, probabilmente, sentiremo uscire dal panorama musicale indipendente italiano nel futuro più prossimo. Un punto di partenza, appunto, che sa bene cosa porta per bagaglio, ma non conosce ancora ciò che incontrerà.
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La recensione Omosumo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-02-13 09:00:00
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