Capita di ascoltare parole e inconsciamente immaginarle, disegnare un luogo, un tempo in cui collocarle. Capita poi di ascoltare parole che sono già immagini ben definite. I Tirlindana, in un rock graffiante ed emotivo, descrivono come solo la precisione di un’immagine filmica sarebbe in grado di fare, dei sentimenti, degli stati d’animo revocati da parole scelte con cura e abbinate ad una musica altrettanto evocativa. Il sipario si apre su “Milano #92”. Una vita monoculare, vissuta attraverso un obiettivo neutro, dove tutto sembra essere uguale, dove tutto sembra standardizzarsi e soffocare le emozioni, i sentimenti, i colori. Dove l’apparenza è più che essere, è vita, è un bisogno per sopravvivere in un palcoscenico di frasi fatte, di città uguali, di parole che nessuno è disposto ad ascoltare, dell’incapacità di farsi vedere. Quella dei Tirlindana è una musica che sembra voler cambiare le cose, almeno provarci. I pezzi dell’ intero album sono storie che si intrecciano in modo diverso per arrivare allo stesso bivio: un disagio esistente e la voglia di superarlo. Allora è meglio nascondersi o mostrarsi? Sembra un dramma che si risolve nell’ultima inquadratura del loro video, in cui la maschera viene svelata in un ambiente familiare, dove scoprirsi non comporta nessun rischio. E tutto torna alla normalità almeno per poter riprendere fiato. E il sipario si chiude. Ma quando tutti vanno via, i Tirlindana restano perché il loro è il racconto di una vita che non deve fingere per essere migliore, ma battersi per essere se stessa.
---
La recensione Milano #92 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-01-14 00:00:00
COMMENTI