Etichetta greca per il debutto della band siciliana Valkija, che già dal nome dell’album, “Avengers of steel”, mette le carte in tavola. Heavy metal fedele ai diktat stilistici di due decadi orsono, il tutto con una realizzazione in linea, non patinata ed essenziale. D’altronde era prevedibile: l’etichetta Sonic Age Records è specializzata in queste sonorità, sia sul fronte delle nuove leve, sia nella riedizione di vecchie opere di gruppi come i Manilla Road.
Il primo impatto con la band, tralasciando la copertina improponibile del disco, è positivo. La voce, sporca e graffiante, non si direbbe davvero femminile per la maggior parte del disco, e certo non colloca il gruppo né nella scia dei Nightwish, né in quella degli Otep. I riff di chitarra d’ordinanza sono chiaramente presenti, e qualche dejà vu è in agguato, ma sono sostenuti da una band all’altezza della situazione, il che rende più vario e piacevole l’ascolto.
Per avere la prima traccia di elementi estranei alle pure dinamiche heavy bisogna arrivare ad “The unknown Kadath”, ovvio omaggio a H.P. Lovecraft, in cui un cupo inizio goticheggiante lascia trasparire finalmente con chiarezza la presenza di una donna al microfono. Per poco comunque, la successiva “Son of thunder” ci riporta a lidi più anglosassoni, tra i Judas Priest e certi Iron Maiden, per poi dare spazio alle urla stridule di “Steel avenger”.
Le canzoni ci sono, le capacità anche. Niente spade di smeraldo, che, pur con tutto il dovuto rispetto, sono diventate nel recente passato quasi un’inevitabile cliché nello stivale, soprattutto nella percezione estera della scena. L’album è un ascolto piacevole sin da subito, e quel paio di sbavature qua e là non inficiano il risultato. Certo non imprescindibile, ma potrebbe dare un bel sorriso ai defenders di vecchia data e non solo.
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La recensione Avengers Of Steel di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-02-08 00:00:00
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