Un tuffo nelle decadi più prolifiche del rock britannico con i Vanarin
Quando si ascolta un ep di debutto, non lo si fa sempre con la giusta attenzione e lo spirito di interesse con il quale si ascoltano gli album di 10-12 tracce. Non è il caso dell'omonimo ep dei Vanarin, band di Bergamo che, a dir la verità, tutta tutta italiana non è. I Vanarin infatti nascono nel 2015 da un'idea di David Paysden, un polistrumentista inglese e di Marco Sciacqua (bassista degli Arcane Of Souls). Nel giro di due anni tirano fuori un ep ricchissimo di spunti interessanti, decisamente maturo e con uno spirito brit-rock incarnato alla perfezione. Con grande gioia, mentre mi appresto all'ascolto del lavoro, scopro che della band fa parte anche Giuseppe Chiara, il bravissimo polistrumentista aggregato dai Verdena per portare in giro live il loro "Endkadenz".
A partire dalla prima traccia, intitolata "You Know Whats' Coming", i Vanarin fanno tuffare l'ascoltatore in un viaggio tra le decadi più prolifiche del rock britannico, tra i '60 e gli '80. Sfumature coloratissime, arricchite da una linea vocale accattivante a tratti rendono il pezzo ballabilissimo, quasi da disco-music anni '80. Le sonorità sono molto curate e interessanti, ad ogni ascolto sembra ci sia qualcosa di nuovo: la psichedelia interviene prepotente in quasi tutti i pezzi, da "As Long" a "Sunburst Slowly". Il pezzo intitolato "I'm Improving" è un piccolo capolavoro di voci e sonorità, un tributo ai Beatles più sperimentali, mentre la chiusura affidata a "War" presenta caratteristiche e una struttura più moderna, senza però mai tradire lo stile e la forte identità della band.
Insomma, i Vanarin sono davvero una bella scoperta e sarà di certo interessante in futuro avvicinarsi all'ascolto di un disco con più di cinque tracce, visto che la maturità e la consapevolezza artistica sono già un grande punto di forza.
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La recensione Vanarin di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-05-05 09:00:00
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