C’è di tutto un po’ qui in mezzo. Non hanno voluto privarsi di nulla gli Almavenus in “Bambini di strada”, il loro secondo cd autoprodotto. E per esprimersi hanno fatto ricorso ad un rock piuttosto classico, centrifugato con ingredienti di prog, di elettronica, con l’aggiunta di un pizzico di ambient. Nemmeno le liriche scherzano: si parte con il Che e si finisce a tarallucci e vino, filosofando sui videogiochi.
Niente di male, per carità. Peccato che queste sei canzoni, per nulla disprezzabili e ben suonate, finiscano per rendersi troppo pesanti e complicate, complice anche qualche lungaggine di troppo. “Niños de calle”, ad esempio, sarebbe forse perfetta se non fosse per un assolo di batteria senza senso, messo lì a caso, forse in omaggio a un eccesso progressive del quale avremmo fatto volentieri a meno. Le cose vanno meglio da “Atmosfera zero” in poi, nonostante qualche evitabile melensaggine (“Pioggia acida” sa di ignobile lagna) e un suono a volte ricco di incursioni post-parrocchiali. Da salvare l’equilibrio tra suoni elettrici ed elettronici (“Lacrima nera”), nonché una certa propensione a allargare la propria visione verso un rock più immediato e vitaminico, come accade in “Solo io”. Qualità che portano gli Almavenus a sfiorare la sufficienza. Per raggiungerla, sarà bene ripassare qualche capitolo.
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La recensione Bambini di strada di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-03-03 00:00:00
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