Deep EndKiss The Light Goodbye2004 -

Kiss The Light Goodbyeprecedenteprecedente

Dei Deep End si era abbastanza parlato nel 2002, quando, ancora domiciliati presso la pominiana Love Boat di porto a Torino, costituivano l'altro lato dello split con i più blasonati Giardini di Mirò. Prima di allora, la band poco aveva dato in pasto al nostro esangue mercato discografico, se non un mini cd tragicamente (a rileggerlo ora) intitolato "Tsunami". Ora, finalmente, i quattro alessandrini hanno pubblicato un disco vero. Si intitola "Kiss The Light Goodbye" ed è uscito sotto un duplice cartello: fratto 9 under the sky records e Zahr records, due italiche microetichette amanti di esterofili suoni post.

Registrato in Italia e masterizzato - come "moda" sembra ultimamente imporre - a Washington Dc presso i Silver Sonya, questo disco rimane fedele alla linea math rock che aveva caratterizzato gli esordi della band ma si delinea più compiuto in alcune scelte stilistiche, sebbene ancora poco originale come risultati. Dotato di un drumming solido, corposo, definito - vera qualità del suono targato Deep End - "Kiss The Light Goodbye" si muove in ambienti nevrotici e schizzati ingabbiati in una rigida struttura ritmica, tanto vicini a Chicago quanto a New York. L'unica variazione sul tema effettuata all'interno di questo cupo percorso a tredici tappe, scuro come il titolo efficamente evoca, è l'esplicitazione di una cruda vena lisergica, mutuata da effetti elettronici e divagazioni strumentali.

Le qualità, a questa band, non mancano. Capaci di ottimi contrappunti strumentali, amanti del bel suono e dei bei suoni, culturi di un approccio chitarristico raffinato e all'occorrenza ruvido, i Deep End fanno con le canzoni quello che un ottimo studente fa con la sua materia preferita: studio appassionato e performazione sentita. Però, a voler giocare a fare i professori nella difficile e a volte ignobile arte del voto, questo compito a casa non è da 10 e nemmeno da 8. E' da 7, con delle spiegazioni: meglio nelle parti più nervose che in quelle liquide, meglio frontali che labirintici nel plin plin (che noia), meglio math che post. Non essendoci infatti delle canzoni capaci di esaltare per esagerata bellezza, tutti gli episodi si attestano su una buona condotta, piacendo di più quando vibrano di sensazioni e si poggiano su groove massicci (come in "New Gold Daymare" e in "...the fires").

"Kiss The Light Goodbye" è buono, e merita decisamente un ascolto. Ma difficilmente i Deep End riusciranno a fare di più se non muteranno approccio a favore di una cifra stilistica di più ampio respiro.

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La recensione Kiss The Light Goodbye di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-03-10 00:00:00

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