Più elettrico, più attento agli arrangiamenti. Mapuche cambia per non cambiare nulla.
Elettrico e chitarroso. Come mai era stato prima. A parte qualche sprazzo distribuito qua e là nel corso del suo (recente) passato. Ma stavolta è diverso: c’è il tiro, i suoni sono più robusti, c’è energia, c’è vigore. Cambia tutto, ma in realtà non cambia nulla. Enrico Lanza, meglio conosciuto come Mapuche, è sempre il solito menestrello del cinismo, del dolore, della paura di vivere. Solo che le sue canzoni ora si sono avviate verso direzioni differenti. Indicate da Cesare Basile, che “Il sottosuolo” l’ha prodotto e, facile immaginarlo, lo ha plasmato.
Tutto è chiaro sin dall’inizio, con l’opener “L’introduzione” a distribuire riff incalzanti. E, se vogliamo, la foto ritratta in copertina è altrettanto esplicita: eccolo lì, il Lanza, colto nella bellezza dei suoi 16 anni, quando passava il tempo a massacrarsi con i Soundgarden. Tutto torna. Come le chitarre affilate di “La camicia”, quelle abrasive della title-track, la ballata straniante di “L’epilogo”.
Il Mapuche cantautorale (a modo suo, sia chiaro), però, rimane fedele a se stesso. A corroborare le nostre certezze. Tra esigenze acustiche e rimandi a sonorità di ispirazione indie. Che si ritrovano nella appassionata “Il padre”, nell’arpeggiante “Il risveglio” (quasi un omaggio a Piero Ciampi), negli elaborati arrangiamenti di “Il terrore” o di “La bestia”, nel malinconico pianoforte posto a sostegno di “L’attesa”.
Un salto in avanti per il musicista siciliano, lontano da un certo minimalismo che in qualche modo l’ha sorretto negli album precedenti: le nove canzoni di “Sottosuolo” si rivelano più ricche e dinamiche, maggiormente curate nei particolari. Da parte sua, Mapuche continua a cantare in modo sgraziato, con un accento siciliano piuttosto marcato, stando attento a non tradire le peculiarità delle sue parole. Che rimangono meravigliosamente spiazzanti, surreali. E ricoperti da un velo di tristezza. “È impossibile spiegarti il disperato bisogno di tenerti accanto, di renderti infelice”. Ecco, testi come questi valgono da soli il prezzo del biglietto.
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La recensione Il Sottosuolo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-06-29 00:00:00
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