L'attesa, il desiderio, l'amour fou. Il ritorno di Sawara è sanguigno e possente.
Sawara nasce dalle ceneri dei Delsangre, dai successi di “Ritmi Globali” e dalla consacrazione ad “Arezzo Wave”. Erano i tardi ’90, e in quel momento non si poteva chiedere di più. Quando la baracca crolla c’è solo il tempo di rimettersi in gioco. Con gli Effetto Doppler. Come a dire: si cresce, si va avanti. Tra clangori di chitarre, rumori assortiti, energia allo stato più o meno puro. Poi irrompe Sawara: via dalla logica del gruppo, meglio mettersi in proprio (o quasi). Una storia che prende il via agli albori degli anni ’10 ed è giunta al terzo capitolo.
Sawara è Fabio Agnesina e di lui ci eravamo accorti all’epoca di “Tempi supplementari”, nato dalla collaborazione con il sodale Matteo De Capitani. Un album lento e sofferente, guidato da una voce irresistibile e da suoni acustici spesso attraversati da improvvise vampe soniche. A tre anni di distanza il discorso riprende dagli stessi presupposti, ma con più di una variante. “L’eccitante attesa” esplora altri percorsi, affidandosi ad arrangiamenti più corposi, più elettrici, muscolari, pur non rinunciando a una lentezza e a un intimismo di fondo. Ben assimilati in “È bello anche aspettarti”, due minuti abbondanti che aprono e chiudono (con una versione alternativa curata da Marco Menaballi) la tracklist. Un arpeggio lancinante, ossessivo, un testo come una dichiarazione di intenti: “Forse non arriverai mai, forse non ritornerai dentro un retrovisore o nella stella luminosa che brilla. È bello anche aspettarti…”. È tutto in queste poche parole: l’attesa, richiamata nel titolo del disco, e poi il desiderio, le ossessioni, l’amour fou, la passione, l’eros.
Agnesina si incunea in un universo composto di materia e spirito, di cuore e sudore, in un chiaroscuro continuo e vibrante. “Ananda” possiede un retrogusto mistico, con un sitar a tracciare coordinate psichedeliche, e se “EA” svolta dalle parti di Nick Cave con un finale in crescendo, “Vedo chiaro” è malinconica e al tempo stesso maestosa. Discorso a parte per “Io deludo” e “Il soffitto”, secche ed essenziali, pur nelle loro differenze e strutture, mentre “Corri Johnny” (dedicata al figlio) suona come un piacevole raggio di luce, rallegrata com’è da quei cori vivaci, e “Alba ad alba” sembra un omaggio al rock chitarroso della prima metà degli anni ’70. Tra i riferimenti potremmo aggiungere i CSI, Tom Waits e, volendo, persino i Tindersticks più ombrosi e sobri ma, in fondo, poco conta. In realtà, Sawara ci mette del suo: impossibile non sentirsi sconvolti dalle sue canzoni sanguigne e possenti, impossibile non lasciarsi attrarre da cotanta bellezza.
---
La recensione L'Eccitante Attesa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-09-29 09:00:00
COMMENTI