Non fatevi ingannare dall'apparenza, dalle hit radiofoniche e dal "Fenomeno": la mazzata arriva lo stesso e più dura del previsto
“Fenomeno”, il nuovo album di Fabri Fibra, tocca tutti i temi che negli anni abbiamo imparato a riconoscere nei suoi dischi. Oltre ad uno spiccato accanimento contro il divismo da youtuber, ritroviamo il suo rapporto con la depressione e le varie dipendenze, l’ego gigante, la grana, l’ossessione per la fama, l’amore per l’hip hop e l’odio per la scena rap tipico di quei provinciali - tutti noi - che crescono in mezzo al nulla e si sentono sempre esclusi dal gruppo in ogni situazione, non importa quanti dischi d’oro hai in salotto o quanti soldi hai fatto.
Facciamo un passo indietro, “Squallor” (2015) era forte e stranissimo: Fibra non l’aveva nemmeno promosso (era stato pubblicato praticamente a sorpresa) e si portava dietro un immaginario alieno e malato (nell’interno di copertina c’è una distesa di siringhe, per dire). Quel disco rappresentava bene i mostri che affollano la sua testa e quando è uscito “Fenomeno”, con la sua copertina colorata, il singolo catchy e un iter di lancio tradizionale - per non parlare delle strumentali che erano di nuovo quasi tutte italiane e con un discreto appeal radiofonico - sembrava che Fibra avesse deciso di darsi una ripulita.
Era solo una prima impressione: se ci si concentra sulle parole la mazzata arriva lo stesso ed è anche più dura del previsto. Provate a leggere i testi uno dietro l’altro e non riuscirete finirli. Il punto più pesante lo raggiunge in “Nessuno aiuto”, dove Fibra racconta del rapporto con suo fratello e sfodera un “Mia madre dice a Nesli distruggilo nelle interviste / Così vedranno che se lo insulti quello non reagisce” e nel brano successivo, “Ringrazio”, usa la parola “madre” diciotto volte, in un testo relativamente breve per giunta, e per quanto sia, in fondo, una dichiarazione d’affetto non è certo una canzone che definiresti serena.
Quelle che finora hanno colpito maggiormente il pubblico sono “Pamplona” e “Stavo Pensando a te”. La prima ha il feat. dei Thegiornalisti e ha diviso i pareri: per molti è una hit assoluta, con tanto di beat efficacissimo in stile “Light it up” fatto da Mace, per gli altri è una tammarrata senza senso; a me è piaciuta. La seconda invece ha davvero convinto tutti: “Stavo Pensando a te” riesce a condurti, immagine dopo immagine, tra i suoi pensieri tristi ma con un mood agrodolce a dir poco commovente. Incastra e mescola i concetti con una poesia degna del miglior Battisti, pur restando al 100% una canzone rap. Di pezzi belli, poi, ce ne sono tanti: “Cronico”, “Equilibrio”, “Invece no” sono i miei preferiti.
Il flow è forse meno acrobatico e fibradelico rispetto agli anni passati ma Fibra resta comunque in cima alla lista dei migliori. Non rinuncia a qualche uscita vagamente populista - “La tecnologia ci controlla / Ma chi controlla la tecnologia?” o “La politica ci vuole divisi” - e in generale manca un po’ l’effetto sorpresa che riesce sempre a prenderti in contropiede, ma “Fenomeno” è un album importante, che ti entra sotto pelle in maniera violenta nonostante sia camuffato da musica pop.
Fibra ha la grande capacità di leggere il presente con immagini precise senza scadere nella retorica o nei cliché che invecchiano subito, il tutto con una sensibilità e una profondità che in pochi gli riconoscono. Fibra ha davvero alzato l’asticella del raccontare se stessi e ci ricorda quanto sia un autore complesso e, a suo modo, difficile, e chi crede ancora che sia solo un pallone gonfiato buono giusto per chi balla in discoteca al grido di “Tranne teeee” o “Rapper italiani che Perepè qua qua, qua qua perepè" non ha mai capito un cazzo della sua musica. Citando “Equilibrio”, l’iperbole “La cosa migliore che sia successa all’Italia è Fabri Fibra” è più che corretta.
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La recensione Fenomeno di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-06-06 09:00:00
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