Leggero ma non superficiale, una prova di pop sui generis.
Leggendo il titolo dell’ep di debutto dei Coma_Cose, “Inverno Ticinese”, la mia prima associazione mentale è con una frase di una canzone di un altro gruppo: “perché stai fingendo la neve sul porto di Lisbona ticinese” contenuta in “La febbre della puttana” dell’Officina della Camomilla. Una band che col recente duo milanese centra ben poco ma che con esso spartisce una aspetto fondamentale della propria scrittura: l’evocatività di alcuni accostamenti di parole.
Ai Come_Cose non interessa arrivare a tutti a tutti i costi, come da loro stessi affermato: “a noi importa costruire semantiche, nel momento in cui qualcuno le recepisce vuol dire che si è instaurata una connessione”. Punto, questa frase basterebbe per riassumere il succo della loro produzione.
La volontà di fotografare situazioni non si manifesta in banali (e abusate) istantanee: le emozioni, i momenti, le sensazioni sono tutti concetti impalpabili non realisticamente rappresentabili attraverso le immagini. Ed ecco quindi che entrano in gioco le sinestesie baudleriane (“cielo blu stellato anice”), la fantasia deformante (“la circonvalla di notte sembra una libellula"), qualche concessioni poetica ( “i 501 sui tuoi ginocchi”), il lavoro onirico prepotentemente forzato da uno stato patologico molto simile a quello del sonno, il coma, che - per l’appunto- a seconda della sua gravità può modificare la percezione delle cose. Non istantanee, si diceva, bensì dipinti. Dipinte precisi, impeccabili e realistici.
“Inverno Ticinese” è un album che sa essere così vicino a De gregori e Lucio Battisti ma -allo stesso tempo- così lontano da entrambi, accostando alla forma tipica della canzone d’autore influenze rap ed elettroniche e una scrittura in grado di sviscerare gli aspetti più profondi dei più piccoli dettagli della quotidianità. Leggero ma non superficiale, una prova di pop sui generis.
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La recensione Inverno Ticinese di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-11-09 09:00:00
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