Bravi a fare quello che fanno: ipnotismo strumentale. I Like a shadow evocano atmosfere rarefatte, dilatano i tempi, crescono e diminuiscono a ondate costanti, rispettano perfettamente tutti i parametri di un genere vicino vicino ai Mogwai, agli Explosions in the sky, e alla criptica serenità dei Sigur Ròs.
Forse un po’ impersonali (ma amando le costellazioni della galassia di riferimento la cosa può anche non costituire un problema…), in ogni caso riescono a introdurre nella quiete onirica dei brani due variabili di buon effetto: un cantato che, rifiutando la tentazione di rendersi etereo, approda a un compromesso-Radiohead e funziona, risultando contemporaneamente lirico ed incisivo, e gli sbalzi noise con cui le chitarre gettano sassi nello stagno, in verità un po’immobile, della placida quiete post rock.
Più giocato sulla dicotomia tra leggerezza e violenza strumentale l’interessante “Uer te noizis: (f)prat lie be din”, più snello e vicino a formule tradizionali “You’ll always be my ruin”, a metà strada sia “Hello, alone!” che “Orkyd” (corpo unico in stato di dormiveglia il primo, Giano bifronte il secondo, a metà tra stasi e movimento). Complessivamente si può dire che i Like a shadow riescano ad essere suggestivi senza risultare pesanti, poco accessibili senza sembrare ostili, assolutamente diligenti, forse troppo, nel recepire la raffinatezza dei modelli.
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La recensione Lie down (hope ep) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-10-03 00:00:00
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