Un modo di comporre musica d'altri tempi, un ritorno ad un glorioso passato per la musica italiana, dando però forse troppo le spalle al presente ed al futuro.
Dicono è il debutto discografico di Stefano Del Rosso, cantautore faentino classe '83.
Si tratta di una raccolta di otto brani in stile cantautoriale, con sonorità country folk.
Ci sono dentro echi de gregoriani sia nel modo di comporre i testi che nel modo di intonarli. Oltretutto c'è lo zampino di Guido Guglielminetti, produttore e bassista proprio del cantautore romano nella canzone Foglie nel vento.
Il sound, come detto, si muove su binari country, con batteria essenziale ma ben presente, basso che si muove suonando quasi in stile contrabbassistico, "in due", Chitarre acustiche strummate e tante chitarre elettriche pulite e acide, da pick-up al ponte: uno scenario rassicurante per gli amanti del genere e accogliente per chi proviene da altri generi.
Ottimo il suono dell'Hammond, soprattutto in Foglie nel vento. Si può chiedere qualcosa in più al missaggio, che sacrifica un po' la tridimensionalità della batteria e della grancassa in particolare, così come tira fuori troppo corpo da certe chitarre acustiche che suonano un po' troppo metalliche e poco calde.
Dicono e Foglie nel vento sono due canzoni con un bel piglio mentre con Non c'è tempo per la fretta offre un cambio di passo, un rallentamento che cambia un po' le carte in tavola. I poeti ha un non so che nella cadenza del testo, nella figura della batteria e nell'armonia di una "Bomba o non bomba" che però cambia strada al momento del ritornello.
L'odore della libertà nasce da una "falsa partenza" che poi da spazio a un basso che dovrebbe essere profondo e invece sembra quasi tagliato di netto sulle basse frequenze. La qualità sonora di questa traccia sembra un passo indietro rispetto al resto della tracklist, con un eccesso di acidità e forse di saturazione nella parte medio alta dello spettro sonoro. Quaggiù è un colpetto di acceleratore con una sequenza armonica che riporta a De Andrè ma anche a Branduardi.
Parla piano ha un ambient sonoro quasi totalmente acustico ottimo per l'introspettività del testo. Si tratta di una piacevole ballata, anche qui con una scansione testuale da cantautore d'altri tempi. Si chiude con Giorno di pioggia, altra canzone con scansione ritmica binaria ben scandita con tante citazioni di capolavori cantautoriali nel testo.
In conclusione Dicono è un disco che si muove stilisticamente nel solco del cantautoriale anni settanta/ottanta, con tutto ciò che di positivo e negativo questo comporta. Di positivo c'è la vena artistica sempre presente in ogni canzone, anche se forse c'è troppa vicinanza con stilemi già sentiti in canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana. La cosa negativa è che gli anni di cui sopra sono passati da un po' e l'orecchio dell'ascoltatore oggi può faticare ad ascoltare canzoni che al livello arrangiativo non hanno più nulla da aggiungere già dopo la prima strofa e ritornello di ogni canzone. Questo è il più grande limite di questo disco, in cui l'arrangiamento torna ad un ruolo molto vecchio, quello di semplice vestito, di pretesto acustico per la veicolazione di un messaggio. Le canzoni sembrano più "accompagnate" che realmente arrangiate, cosa che suona vecchia ormai da una trentina abbondante di anni.
Sia chiaro che questo ragionamento fa i conti soltanto con ciò che succede nel mercato musicale contemporaneo, che è lo stesso in cui questo disco nasce, cresce e vive e non costituisce un giudizio assoluto del suo valore.
Rimane sottinteso che lo stile è qualcosa che non ha tempo e che non va cambiata a seconda delle mode.
L'ascolto resta comunque piacevole anche perché solo una canzone sfora i cinque minuti di durata e al netto dei piccoli punti deboli analizzati fin qui, si tratta di un ottimo disco cantautoriale.
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La recensione Dicono - Album di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-10-03 15:36:16
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