Paolo SaporitiAcini2018 - Cantautoriale

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Paolo Saporiti tra precipizi, confessioni e tutto quanto. Un bel disco di un artista fragile e spietato.

Torna a casa, Paolo Saporiti, dopo la parentesi Todo Modo che parentesi poi non lo è per nulla - per spessore, per stile, per prospettive, una band che serve eccome. Torna a casa questo cantautore fragile e spietato che nel suo percorso artistico ha camminato per sentieri difficili, ha parlato linguaggi complicati e ha raggiunto livelli davvero alti. In qualche modo, ha raccontato la sua vita come se fosse una linea tracciata da un sismografo: picchi che sembrano spigoli taglienti, precipizi che sembrano abissi senza fine. In mezzo, la vita, l’universo e tutto quanto.

“Acini” è un bel disco al quale Saporiti impone un registro morbido e sussurrato, un folk in italiano che è maturo nel senso di completo, compiuto, finito. “Amica mia” intercetta umori ed epiche varie del Jeff Buckley di “Grace”. “Arrivederci Roma” ha l’intensità di una confessione taciuta per troppo tempo. Con “Le passeggiate notturne del re” è come se i Red House Painters fossero nati in Italia - stesso drammatico esistenzialismo slowcore, stesso approccio melodico dolente ed emozionante. Tutto l’album si ispira ad “Acini d’uva”, romanzo inedito del padre di Paolo Saporiti.

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La recensione Acini di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-04-17 09:00:00

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