Il sole dell'avvenire splende sui torinesi: niente polemica ma tanta gioventù di qualità
C'è questa foto, dello scorso maggio, dei The Yellow Traffic Light che, oltre ad essere molto bella, rappresenta in pieno l'anima di questo disco. Si vedono i quattro componenti della band appoggiati a quelli ad un muretto forse dei Murazzi, forse di un'altra città d'Italia guardano verso l'obbiettivo con sguardo un po' timido un po' annoiato, mentre un caldo tramonto di inizio estate li illumina: a commento un post lunghissimo, in cui si citano tutti i luoghi, persone, fatti e situazioni che sono stati coinvolti nel precedente tour. Perché questo "Worlds Within Walls" è figlio del precedente ep, "To Fade at Dusk" ma lo supera, e per profondità di scelte e per la qualità di esse.
Ed ecco quindi "Constance", la prima traccia del nuovo album, che arriva ad illuminare la scena con quella grazia, freschezza e lievità propria di quel sole di maggio di cui abbiamo parlato sopra: i torinesi ci sanno fare, riescono a mescolare senza troppi compromessi una spigolosa e artigliata vena shoegaze, con ritmi ora new-nave ora più pop, che ben si sposano con gli immaginari che vengono evocati. "Stargazer", ad esempio (che bel titolo, accidenti!), terza traccia, parla ad esempio delle proprie scelte personali, che si possono fare in una e una sola stagione della vita: la giovinezza.
Già, la giovinezza, tema scivoloso, sul quale molti si schiantano, affogati tra banalità e riferimenti triti e ritriti. The Yellow Traffic Light no, loro sono gassosi e, come un gas, galleggiano sopra questi errori, non sfiorandoli neppure. Il tutto suonando, va detto, della gran musica. Forse non la più originale, la più sperimentale o la più di rottura che oggi vi sia in Italia ma di sicuro bella, ben cesellata e ottimamente prodotta.
In "Fukuoka No (の) Future" poi e, soprattutto, nella finale "Merovingii" (per quello che vale, la mia preferita dell'album), i riferimenti si fanno più spiccatamente anni '80, dando meglio l'idea di quel futuro impossibile e retrò ben chiarificato dalla metafora del muro. Lungi dai luoghi comuni, qui il muro diventa spazio protetto dove poter coltivare le proprie idee, i propri sogni e anche le proprie illusioni. E siamo sicuri che, non a Torino ma nel nato borgo selvaggio, anche Giacomo Leopardi, a suo tempo, sia stato scaldato dallo stesso sole caldo di maggio quando se ne stava dietro la siepe.
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La recensione Worlds Within Walls di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-03-28 09:00:00
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