Il Santo Niente viene da lontano.
Due dischi e mezzo usciti per il Consorzio Produttori Indipendenti, nella seconda metà degli anni novanta. Tra il primo e il secondo, il cambio di ragione sociale che ha visto scomparire il frontman Umberto Palazzo a favore del solo nome collettivo. Un buon numero di concerti. Poi il nulla.
Io conosco tutti i pezzi a memoria.
Ho -e continuo a indossare- un pajo di magliette. Di “Sei na ru mo’no wa na’i” ho anche una copia in vinile. Li ho visti dal vivo una dozzina di volte. Una tra le ultime, davvero splendida, in acustico puro (e poi ho passato mesi in attesa di un album che avrebbe dovuto uscire ma non è uscito). Da qualche parte conservo, arrotolata, la locandina di un concerto.
Quasi patetico.
Anche negli anni successivi i due album del Santo Niente sulla libreria non hanno mai accumulato più di un leggero strato di polvere.
Il 'ritorno', nel 2002, mi aveva incuriosito. Una certa attesa, una certa enfasi.
Il concerto (Bologna, d'estate, all'aperto) era stato un bel viaggio in un passato nemmeno troppo remoto.
Ma i pezzi suonavano sfilacciati, un po' rallentati, poco incisivi. La nuova band due spanne sotto la precedente (accasata per intero con Moltheni), qualcosa che era sembrato estemporaneo e senza futuro.
Poi, con i giusti tempi di maturazione, è arrivato l'ep e, qualche tempo dopo, il nuovo album, targato Black Candy e nobilitato dalla produzione artistica di Fabio Magistrali.
“Il fiore dell'agave”, accompagnato da un buon booklet, scurissimo, con foto in bianco e nero della superficie desolata di Lanzarote, al primo ascolto è estremamente deludente. Davvero deludente. Devono passare giorni prima di provare a rimetterlo nel lettore.
Poi, con gli ascolti ripetuti, più accurati e stratificati, si arriva a un giudizio più organico e equilibrato.
Migliore.
Non abbastanza.
Recensione: nell'album non ci sono pezzi indimenticabili, ci sono alcune canzoni discrete e alcune davvero brutte.
Dopo l’interlocutorio “Tittico tribale di apertura”, complessivamente discreto (con menzione particolare forse per “Luna viola”, viene “Nuove cicatrici”, la “canzone più antica della raccolta” (e si sente), ma “Facce di nylon”, “Occhiali scuri al mattino” e “Le superscimmie”, intervallate dal solo respiro di Candele, sono una sequenza di colpi che stenderebbe chiunque: testi almeno approssimativi, strutture discutibili, impatto nullo. O peggio.
Il “trittico finale del deserto” risolleva di qualcosa la valutazione complessiva ma, d’altra parte, sembra -per alcune scelte sonore- acuire ancora il confronto perdente con la produzione precedente.
Difficile essere d’accordo con Palazzo che scrive di “Aloha” “la cosa migliore che abbia mai fatto”, quando un pajo di giorni fa un inspiegabile random sul lettore mp3 mi ha regalato il pezzo che chiude il già citato “Sei na ru mo’no wa na’i”, ‘bellissimo’ senza che “Come ombra” sia mai stata insignita di un qualche titolo tipo “la più bella dell’album”.
Ne “Il fiore dell’agave” c’è una certa omogeneità di fondo, i suoni sono spesso buoni, Magistrali ha lavorato bene. E' proprio la sostanza che sembra mancare o essere limitata.
Nonostante la sbandierata continuità, il Santo Niente di adesso ha poco da spartire con i fasti di un tempo.
Non basta un logo che regge bene al passare degli anni.
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La recensione Il fiore dell'agave di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-10-28 00:00:00
COMMENTI (5)
A me piace. E non rimpiango Sei na ru mo’no wa na’i
L'album è scaricabile qui a 320 k sendspace.com/file/59y3p3
“Per il rock italiano, questo album rappresenta una gradita rinascita. Per me è l'inizio di una rumorosa e splendida amicizia.”
David Fricke - Rolling Stone
“Questo diamante splendidamente grezzo è un ulteriore segnale di quanto il rock italiano sia pronto a parlare con naturalezza il linguaggio del rock, maturo quindi per significare ad ogni livello, disposto ai carichi pesanti come alle minutaglie emotive. Oltre che un'opera emozionante tout-court.”
Stefano Solventi - Sentireascoltare
"Il Fiore dell'Agave" è un disco onesto e a suo modo coraggioso. Sa parlare con sincerità di una desolazione recondita, nascosta sotto l'asfalto delle metropoli e pronta a rapire l'anima.
Francesco Nunziata - Ondarock
“un valido esempio di (indie) rock in italiano dove armonie pop, aperture psichedeliche, accenni punk/noise e umori "new/wave" non proprio solari convergono in brani tendenzialmente mesmerici”
Federico Guglielmi - Il Mucchio
“una classe che non accenna a diminuire nel tempo”
Andrea Villa - Blow Up
“Segnarsi in agenda: comprare "Il Fiore Dell'Agave", tra i pochi dischi rock cantati in italiano da avere in casa. Una band pura: è evidente dalla prima all'ultima nota.”
Barbara Santi - Rumore
“Il visionario leader Umberto Palazzo ci regala un disco capolavoro”
Francesco Menghi - Rocksound
Nooz - Music Club
“Nelle undici robuste canzoni di questo nuovo lavoro, "Il fiore dell'agave", l'energia è forte e diretta.”
Tribe
“questo scabro poeta elettrico ritorna con un lavoro che sarebbe un grave errore trascurare”
Stefania D'Alterio - Classix
“Si suona per vivere meglio, si ascolta per vivere meglio. Grazie ragazzi. ”
Barnaba Ponchielli - Zero Magazine
“Il risultato sonoro è ottimo, molto vicino ad una dimensione live.”
Federico Genta - La Stampa
“Una band che già ha scritto il suo nome nella storia del rock italiano ma che sembra ancora intenzionata a regalarci pagine e ascolti ancora tutti da scoprire.”
a.p. - Beautiful Freaks
“secco ed essenziale ”
L'Alligatore - Smemoranda
“Un grande ritorno. Senza sprecarci molte parole, ché davvero non serve.”
Ilario Galati - Music Boom
"Il fiore dell'agave" è un disco che vive di contrasti, chiaroscurale, narcisisticamente malinconico e sottilmente cinico, comunicativo e meditabondo, carnoso e spinoso come le foglie dell'agave, ineffabile ed ammaliante come un fiore nel deserto.
Guido Gambacorta - Comunicazione Interna
“Prendete la tribalità dei Big Black, il noise dei Sonic Youth, il lirismo del primo Nick Cave, la malinconia dei Joy Division oltre, ovviamente, al carisma e al "tocco" personale di Umberto Palazzo e sarete vicini alla musica qui contenuta.”
Dale P. - Taxi Driver
"Il fiore dell'agave" è un lavoro di grande intensità, nato dalla creatività dei Santo Niente, un rock acido scuro che crea atmosfere desertiche profonde che si dipanano per tutto il disco, ma in realtà è una speranza, che il banale non ci sommerga.
Fausto Pedrazzini - Rockers.it
“il ritorno dei Santo Niente è il ritorno di una delle più grandi band dell'indie-rock italiano”
Francesco Diodati - Rockon
"Il fiore dell'agave" rappresenta un buon viatico per una rifondazione dell'alternative-rock italiano
Antonio Belmonte - La Scena
"Il Fiore dell'Agave" è un disco che, pur brillando per coerenza e solidità dell'impianto sonoro, non si lascia scappare l'occasione di sorprendere.
Claudia Benetello - Newsic
“Un fiore ispido, difficile da avvicinare, ma con un cuore caldo, pronto a sanguinare: è questo il fiore dell'agave.”
Luciaono Marcolin - diradio
“Un vero capolavoro”
Loris Camozzato - Sonik Music
“come un buon bicchiere di vino invecchiato, il suono dei Santo Niente è maturato, si è affinato”
Raffaello Ruggeri - Rockshock
"Il fiore dell'Agave" è la brillante dimostrazione che Umberto Palazzo (voce e chitarra), ha finalmente ritrovato i compagni di viaggio ideali per rappresentare degnamente quel che resta del rock italiano indipendente, e popolarne con ampio consenso le scene
Emanuela Carta - Extra Music Magazine
"Il fiore dell'Agave" non è altro che il meglio che il mercato indipendente italiano potesse cercare
Diego Ghidotti - Indiezone
“Se cercate fronzoli e paiette, le luci al neon abbaglianti o le copertine patinate volgete pure il vostro sguardo altrove. "Il Fiore dell'Agave" per sbocciare ha bisogno delle atmosfere di spazi aperti incontaminati, che siano deserti torridi o valli desolate poco importa ”
Marco Ragno - Babylon Magazine
“Chi già conosceva il Santo Niente troverà di che gioire nell' ascoltare "Il fiore dell'agave", chi li ascolterà per la prima volta avrà difficoltà a preferire un brano ad un altro.”
Matteo Mugghianu - Alternatizine
“l'attesa è stata ripagata con un disco intensissimo, superiore alle aspettative, e, nonostante i sette anni di pausa, realmente capace di aggiungere nuovi tasselli a uno dei mosaici più importanti del rock italiano. Non potevamo davvero chiedere di meglio. ”
Daniele Paletta - Kalporz
“Senza dubbio il miglior disco del Santo Niente, che li riporta vivi e attivi al posto che spetta loro nella scena italiana. Una vera perla rock al pari delle nuove uscite italiane di Afterhours e Marlene Kuntz.”
Fabio Igor Tosi - Idbox
“Dubito che il rock italiano sappia scrivere pagine migliori o molto migliori di questa quest'anno.”
Mauirizio Di Fazio - Sonorika
“C'è classe, poesia e cuore in queste canzoni, sarebbe una colpa farsele sfuggire anche questa volta.”
Philip Di salvo - Liverock
“Un album spigoloso , personale e lo fi , uno dei vertici della produzione indie dell`anno.”
Antonio Bacciocchi - Radiocoop
“Se si vuol tornare un tema ricorrente in questo lavoro è la centralità del rock'n'roll, la cui necessità viene espressa in diverse occasioni [...] Speriamo che Umberto questa volta resti a lungo.”
Vittorio Lannutti - Freak Out - online
“Assolutamente da provare.”
Emanuele Binelli - Rocklab
“un distillato sopraffino del rock nazionale degli anni Novanta”
Alessandro Gentili - Kathodik
aloha
aloha :-)
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