Disco diviso a metà quello dei LudovicoVan. Nel senso che piace per metà delle dodici canzoni contenute, mentre per metà non riesce ad offrire spunti interessanti. La fetta buona del disco d’esordio del quartetto milanese è alquanto gustosa: “Cesare Blanc”, con il suo ritmico incedere ed un calibrato effetto strofa/ritornello. “Girotondo”, nella sua semplice fluidità, ebbra di passione. “...Come una vertigine”, profonda, subacquea, decisamente “subsonica”. La conclusiva “Carlos e l’immaginazione”, nel suo vortice di rock d’ispirazione newyorkese. Si fanno apprezzare anche “Mordimi le labbra” e “Festa di primavera”. Il tiro si abbassa invece in tracce quali “Lampo di genio” (distante, purtroppo dall’ispirazione del titolo...), “Autobahn”, “Niente da dire”, dalle quali non riescono ad emergere le emozioni.
L’indie-rock dei LudovicoVan seduce dunque per metà ed è un peccato, perchè se la formazione lombarda avesse tenuto il filo teso come negli episodi migliori del disco allora ci si sarebbe trovati di fronte ad un ottimo disco d’esordio. La melodia entra bene ed il mood della metà “buona” è davvero interessante. C’è comunque tempo per ricoprire di bellezza la parte oscura, considerando che questa è un’opera prima.
I testi raccontano storie di artisti e poeti, ma anche di feste e di risse. Il tutto in perfetta aderenza al nome scelto dal gruppo: LudovicoVan, la traduzione italiana di parte del nome di Ludwig Van Beethoven. Anche il protagonista del film “Arancia Meccanica” amava Beethoven e preferiva chiamarlo Ludwig Van. Tra genio e sregolatezza, insomma, proprio come il disco dei LudovicoVan...
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-05-17 00:00:00
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