I più familiari canovacci dell’alternative rock nostrano degli ultimi venti anni aromatizzati con psichedelia notturna e occasionali folate acustiche
Dopo un paio di dischi dalle fortune alterne gli Efrem (ormai definitivamente rimasti in due dopo la defezione del bassista nel 2013) si riaffacciano sulle scene con un nuovo corposo album vestito da “concept sentimentale”, per quel suo essere tematicamente incentrato sull’ “incontro di due sconosciuti, amanti per una notte lunga quanto tutto il disco”.
“L’età dell’oro”, alla fine, si limita ad aromatizzare con psichedelia notturna e occasionali folate acustiche i più familiari canovacci dell’alternative rock nostrano degli ultimi venti anni: dai Verdena (“Laura Palmer”) ai Marlene Kuntz (“Barracuda”, “12.17”), passando con disinvoltura dalle parti dei Ritmo Tribale, nei frangenti più inquieti (“Essere John Carpenter”), e del buon Motta in quelli più intimisti ma pur sempre fottutamente rock (“Black Venerdì”).
L’uso atmosferico – tra post-rock e new wave – delle chitarre (epiche e decadenti le trame in delay della 6 corde – un po’ à la Chameleons – su “Smirne” e la title track) rappresenta indubbiamente la componente più caratterizzante – ed esterofila – del sound del combo bolognese mentre il cantato in italiano, pur dividendosi tra aperture melodiche (“Vera Rivken”, “Superfici”) e metriche più declamatorie/recitative (“Cartilagini”), talvolta risulta quasi scollato dal companatico musicale.
Dunque un ammorbidimento consistente, rispetto alle sberle screamo-sferraglianti degli esordi, che avvicina i due musicisti emiliani a una moderata rivalutazione della forma canzone.
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La recensione L'età dell'oro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-04-11 10:40:00
COMMENTI (1)
Un grazie al recensore e alla redazione.Efrem