Cosa significa, oggi, far melodia in Italia?
Una cosa è certa: nella Grande Famiglia del rock, non manca chi tenta nuove strade. Un approccio, alla forma leggera, senza alcuna pretesa cantautorale e men che meno vicino al più spicciolo easy listening. Una terza via, insomma. Ricercata, intimista, docilmente complessa.
E' quanto mi hanno suggerito gli Arecibo, qui al primo disco ufficiale. First but not last, auspichiamo, visto lo stile già ben definito, la qualità medio-alta della proposta, l'eleganza con cui è maneggiata la materia pop-rock. Il pregio, in sostanza, di percepire l'eventuale motivetto come mezzo, e non fine. In alcuni episodi, anzi, aggirandolo del tutto. Più spesso, lasciandolo sospeso per poi vestirlo di tenui, quasi estatiche sfumature elettro-acustiche. Pop ai limiti del concettuale, potremmo dire. Tanto che certi pezzi ricordano, specie nel bel cantato di Marilena, l'Elisa meno aggressiva. O addirittura Mara e le sonorità così caratteristiche dei disciolti Ustmamò. Nessuna pecca, sia chiaro. Non parliamo di scimmiottare chi, ma solo, talvolta, d'ispirarsi a, che nella natura dell'arte ci sta.
I frangenti spruzzati di rock, invece, come "Tracce" e "Sorprendimi", sono tentativi non so quanto riusciti d'infrangere la coltre rarefatta che avvolge il disco, mentre in "Affrettata mente" Marilena si cimenta con cautela nel rap.
A conti fatti, un buon prodotto. Magari un po' eccessivo nella smania di cercare oltre (vedi l'interessante ma quanto mai bizzarra "Engram" o "Butterfly" di 8:22). Ma questo senso di leggerezza fin dal titolo dell'album, desiderio di librarsi in aria o nello Spazio attratti da chissà quale forza magnetica, mettono davvero di buon umore. La musica stessa, o più metaforicamente anelito di armonia universale.
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La recensione Audiosfera di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-02-01 00:00:00
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