Volgarità raffinata ed arraggiamenti sorprendenti. Un album divertente e ben suonato.
Da Cecco Angiolieri a Shakespeare, la poetica dell’orrido è sempre stata promossa da grandi scrittori e cantastorie, in particolare, nella letterature del grande drammaturgo di Stratford-upon-Avon, una figura rivestiva un ruolo particolare, il giullare, l’unico personaggio che poteva rivolgersi al re in tono dissacrante ed irrispettoso perché, allo stesso tempo, veritiero e ricco di consigli.
Loris Dalì è un giullare dei tempi moderni, con un’estetica tra l’hipster ed il circense, in tutta la sua discografia è sempre stato abile a declinare quest’attitudine teatrale nelle più svariate sfumature musicali. Immaginatevi, che ne so, Bobo Rondelli – no, troppo raffinato, troppo romantico- .Immaginatevi Tonino Cartone sbronzo a capo di una band di gitani scatenati e chiudeteli nella famosa osteria N20. Il risultato è un sorprendente concept album in cui il tema principale, la fregna, non è nient’altro che un pretesto, un espediente artistico per analizzare con ironia vizi e contraddizione della società moderna. Ve la ricordate “Servi della gleba”?
“Canzoni della Fregna” è un lavoro egregiamente eseguito, magistralmente suonato, che grazie all’istrioneria camaleontica di Loris, riesce a mantenere un’amalgama sonora pur sposando diverse sfumature stilistiche da traccia a traccia (samba, punk, folk), regalandosi un raffinato citazionismo ("La ballata di Nicola" è la riscrittura di un breve racconto di Bukowski, "9 pollici", "Si tromba",un omaggio a "Disperato, erotico, stomp" di Lucio Dalla) all’interno di un contesto di totale volgarità.
In fondo, come dicevano i The Pills, si fa tutto per scopare.
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La recensione Canzoni della fregna di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-04-30 19:01:00
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