Molto interessante il Cd dei Rifugio Zena ’43: un’opera davvero credibile che evidenzia quanto questo gruppo campano sia provvisto di talento ed originalità. Doti, queste, che permettono ai Rifugio di far convivere, nei venti minuti (scarsi) di musica, punk, rock, funk e rap realizzando uno splendido coacervo di stili che ha come trait d’union la scrittura tagliente e poetica di Mario Del Regno.
Una scrittura di chiara ispirazione esistenzialista emblematicamente rappresentata dal ritornello di “La fine del mare”: quel “Non è più terra, non è ancora mare / E’ tempo che passa ed io resto a guardare” che fondendosi ad impetuose bordate sonore (basso-chittarra-batteria che sferragliano a pieno ritmo) assume i tratti di un lacerante gioiello.
Ma “La fine del mare” è solo l’inizio; sono, infatti, anche gli altri tre brani a sorprendere per passione ed intensità: “Vomitolava” dal titolo fuorviante e dall’interpretazione in una possente chiave rap (che ricorda il nuovo corso degli Articolo 31), “Rumore” imprigionata in atmosfere noise e la conclusiva “La danza del caprone” con i suoi tratti lisergici e visionari (e qui i padri putativi potrebbero essere i Marlene Kuntz).
Un disco davvero interessante, ripeto, un lavoro che probabilmente meriterebbe qualche aggettivo più entusiastico ma che visto lo scarso minutaggio mi sento di interpretare come gustosa anteprima a nuovi, più corposi (ma altrettanto esaltanti) cimenti.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-06-10 00:00:00
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