Spiace dirlo, ma talvolta ci sono casi in cui la dimensione casalinga di una creazione musicale dovrebbe restare tale anche a livello di diffusione.
Arriva da Firenze l’ennesima autoproduzione domestica che orbita intorno all’universo dark wave, per quanto, a questo giro, insolitamente sganciata dalle consuete connotazioni ambient del caso per privilegiare ben più spigolose implicazioni doom metal.
Chimera Onemanband prova a capitalizzare in totale solitudine i suoi trascorsi da bassista in svariate band della sua città per realizzare un progetto sotto il suo totale controllo - grazie al programma free Audacity - che, oltre al basso, lo vede protagonista anche alla voce, alla chitarra e alla tastiera.
E purtroppo (nonostante la preventiva ammissione di colpevolezza dello stesso Chimera) è proprio la resa sonora oltremodo amatoriale ad assestare il definitivo colpo di grazia a queste 11 tracce che già dal punto di vista compositivo lasciano piuttosto a desiderare. Già dall’opener “We Will Come To You” si può toccare con mano quella manifesta dozzinalità nell’assemblaggio delle idee, dei suoni e dei volumi che ci accompagnerà per tutta la (troppo lunga) durata del disco; per non parlare dell’uso oltremodo sconclusionato e imbarazzante della voce, dei pattern di batteria e della chitarra, quest’ultima praticamente sempre avulsa dal quadro d’insieme (“My Eternal Love” e “The Sadness Of The Land” su tutte).
Alla fine “Venus Is Dead” si riduce a un’accozzaglia di spunti mutuati da Rome, My Dying Bride, Joy Division, Sisters Of Mercy e Draconian talmente priva di dinamica e pathos da rendere i brani non solo tutti pressoché uguali ma paradossalmente del tutto inoffensivi a livello emotivo, nonostante la loro debordante carica lirica di mestizia e nichilismo spinto (“Il destino di tutti noi è ai piani bassi, senza eccezioni” - “Ogni profumo è destinato a corrompersi / Ogni stella a cadere” - “Triste è la terra dove tutto muore” e via di questo passo).
Spiace dirlo, ma talvolta ci sono casi in cui la dimensione casalinga di una creazione musicale dovrebbe restare tale anche a livello di diffusione, anche soltanto per evitare recensioni che, come questa, risultino poco gradevoli al contempo per recensore e recensito di turno.
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La recensione Venus is Dead di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-02-17 16:14:00
COMMENTI (4)
Grazie Giulio!
@rasnal fatto
Pregherei comunque di togliere il mio nome e cognome, fin troppo facilmente rintracciabili su Google, visto che non posso cancellare l'account da me imprudentemente creato...
Sono d'accordo, l'album è una merda. Ho solo sbagliato a pubblicarlo. Da ora in poi suonerò solo cover dei Creedence!