Dodici tracce di un folk sincero ed equilibrato.
Ci perdonerà, Matteo Caldari, se non possiamo fare a meno di osservare che i suoi 40 anni si notano già dal primo attacco sulle corde. E non tanto perché si senta odore di anni '80, ma perché Mud and Rain è uno di quegli album scritto da chi si è spogliato della paura di dover piacere. C'è la sincerità di chi ha calato le maschere e tolto i fronzoli e la sottile saggezza di uno che ha suonato, suonato e ancora suonato.
Le sue lunghe collaborazioni insaporiscono brani come “The Party Is Over” nel quale, non a caso, si serve del contributo di Chad Price: lunghe pennate folk, stacchi di basso e cori da rockband che evocano un modo malinconico e ormai lontano di fare musica e fare festa. Sia nell'apertura di “Different Places, Different Skins” che in “As Never Before” il folk trova la giusta amalgama con un electro-pop dalle sonorità quasi sospese e a tratti evocative. Le larghe praterie americane si stendono ai nostri orecchi con “Too Late” -in duo con Jeff Caudill- dopo la quale, “Devotion”, con la sua chitarra acustica e voce, ci lascia nell'immaginario della musicalità popolare d'oltreoceano.
E mentre “The Fartbreaker” porta una lontana traccia del punk anni '90 (rimanendo forse un po' acerba) ci pensa “Trash Samba” a rispolverare di fresco la seconda metà del disco. Bel tiro, bassi divertenti, voci gagliarde e giusto missaggio. E la stessa carica scorre nelle vene di “I Feel The Breeze Tonight” che chiude la festa del disco, congedando l'ascoltare prima delle ultime due ballate, “All Alone” e “You And Me”.
Nonostante in questa sua ultima scrittura Matteo Caldari perda d'intensità in alcuni passaggi, Mud And Rain rimane nel complesso un buon lavoro. Un album sincero ed equilibrato che indossa serenamente una profumata e matura malinconia.
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La recensione Mud and Rain di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-05-22 17:18:48
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