Non pensavo, dopo i primissimi ascolti, che questa seconda prova ufficiale firmata da Fabrizio Coppola potesse piacermi... e tanto!!! L'approccio iniziale, infatti, era stato deludente oltre ogni aspettativa, quasi che mi aspettassi un altro disco o chissà cosa.
Ho invece dato fiducia al cantautore milanese e adesso eccomi qua a raccontare di un'opera davvero notevole, la cui unica pecca sta forse nel fatto di aver optato per una tracklist fin troppo ricca di episodi che non depone certo a favore di un ascolto fluido. Tuttavia rimane invariato il giudizio sull'intera opera che ci mostra un Coppola in stato di grazia, capace di coniugare - spesso brillantemente - le sue muse (ancora Springsteen su tutti) con un linguaggio musicale che sta diventando pian piano il "suo". E lo sforzo maggiore per realizzare questa sintesi era da affrontare sul piano delle liriche, essendo l'italiano la lingua con cui Fabrizio ha scelto di esprimersi.
Un percorso non facile da seguire ma che il ragazzo ha saputo coniugare sapientemente con suoni e arrangiamenti da artista maturo sotto ogni punto di vista. Si badi ad esempio all'utilizzo dei fiati o dei cori, il cui inserimento spesso conferisce un sapore particolare, dimostrandosi funzionale alla canzone stessa - e non, come spesso succede, inutile e barocco featuring.
E allora ecco che vi ritroverete ad apprezzare canzoni come "La città che muore", "Esplode la gioia", "Non ci sei più" e in special modo la tracklist, dove la mente ci riporta sì oltreOceano (dal già nominato Springsteen, passando per Tom Petty e i Wallflowers), ma con i piedi ben piantati nello Stivale. Perché la qualità che ha quest'album, come anche il precedente, é la sincerità, un sentimento che senti "palpitante" fin dall'apertura di "Tutto resta uguale", storia di chi vorrebbe ribellarsi - anzi: di chi sogna di ribellarsi - spinto dalla rabbia, che é forse l'unica e ultima motivazione a spingere verso la vita i protagonisti di tutto il disco.
Altrettanto evidente è il rapporto di amore/odio che Coppola ha con Milano, la città in cui é nato e cresciuto e che sembra deluderlo un giorno per poi sorprenderlo il successivo. Un rapporto conflittuale esplicitato fin dal primo verso ("Milano dieci di mattina é un buco nero dentro al cuore") e che serpeggia per il resto dell'opera, a volte in maniera più chiara, altre volte meno.
In definitiva un grandissimo disco a conferma che la statura artistica di Fabrizio sia prossima ad essere quella di un "grande"; perché c'è bisogno di gente, di cantautori che sappiano fare musica come lui e che ci sappiano emozionare per davvero raccontando storie. Un nome da annotarsi per i prossimi acquisti, of course.
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La recensione Una vita nuova di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-12-02 00:00:00
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