Il carpigiano Giacomo Fusari è uno di quelli per cui "rock" significa Vasco Rossi. Il suo disco è finito a me e destino peggiore non poteva capitargli, dato che considero il Blasco una delle peggiori sciagure che potessero capitare al rock italiano: un panzone cinquantenne che si atteggia a finto giovane, costretto a recitare una parte che da tempo evidentemente non sente più sua, la quintessenza del mainstream più bieca travestita da alternativo (ma a che? A cosa, nel suo caso?), un reality show (cioè quanto di più falso potete vedere in tv) tradotto in musica.
Per buona sorte di Giacomo, però, dato che mi atteggio a critico, una certa capacità di discernimento cerco di averla. E quello che vedo e sento, pur essendo il "rock" di Fusari quanto di più lontano dal mio concetto di rock, è che qui cui ci sono sincerità e buona fede. Tutto quello che manca a Vasco, insomma.
Nel caso possibile ma improbabile che tra gli utenti di Rockit ci siano degli appassionati del blue collar rock stile Vasco, non posso che consigliare l'acquisto di questi disco. Ci si troverà il Vasco perduto dei primi dischi, per intenderci fino a prima della superproduzione di "Bollicine". Soprattutto si sente che queste canzoni di Giacomo Fusari nascono da una vita vissuta per davvero così come viene cantata. Certo, il linguaggio alla Vasco (che Fusari imita nel cantato, pur mischiandolo a certi accenti alla Povia e raggiungendo comunque una certa seppur limitata personalità) è rozzo e talvolta cade nell'umorismo involontario: ad esempio, quando la "voce parlata" su "Cristina e il quartiere" imita quella della Viacard augurando buon viaggio, con uno di quei doppiosensoni che non scandalizzano più neppure le suore, anzi forse adottati pure da loro, si resta sospesi tra risate e sconcerto. Eppure figure come quella della piccola spacciatrice Cristina che s'arrabatta con altri lavoretti pseudohippy o la vicenda di Giacomo stesso cui l'Enel taglia la luce per l'ennesima volta hanno una loro verità umana. Che non è poco. Basta a fare la differenza.
Intendiamoci: a me questa roba non piace. Questo alternarsi di ballate, ora tenere ora pseudoironiche (in cui talora si affaccia pure l'inquietante spettro di Max Pezzali), e di midtime rock che sono la versione slavata e italiota di Lou Reed e degli Stones anni 70 (e piange il cuore che questa sia stata la traduzione nazionale della lezione di quei due grandi) non mi piace per nulla. Ma nel genere, e sottolineo nel genere, e ribadisco nel genere, il quale genere non mi piace - che sia chiaro, pulzelli - Fusari è davvero bravo. Col rimpianto forse di essere arrivato troppo tardi ( i versi "Come vedi sono qua / nonostante la mia età / a rincorrere illusioni / ho fatto un mondo di canzoni" in "La foto di Daniele" fan pensare a questa preoccupazione, anche se le barrette sono 32, non ancora tragiche), Fusari meriterebbe che, se proprio proprio i fans di Vasco si vogliano ascoltare quella roba lì, le bottigliate le tirino al panzone di Zocca, e si buttino in massa a comprare i dischi del Giacomino. Che almeno – e non è poco, credetemi – non li prende per il culo.
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La recensione Checosaguardi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-07-17 00:00:00
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