Con questo ep la pentalogia dei Virtual Time giunge ad un punto di svolta importante e acquista nuovi riferimenti
Un po’ più di un ep questo “/a-gò-gi-ca/” dei Virtual Time, poiché è parte di un percorso più lungo e complesso di cui abbiamo cominciato a parlare recensendo l’inaugurale “From the roots to a folded sky” e il suo successore, “Animal regression” e che andrà poi a chiudersi nel giro di un anno con i prossimi due dischi. Di questa pentalogia, “/a-gò-gi-ca/” è quindi il fulcro, la parte centrale, e il suo concept è legato alle “quotidiane sensazioni positive e negative, che ciascuno di noi prova” (dichiarano i nostri nella presentazione), affrontando quindi le emozioni comuni per permettere all’ascoltatore di riconoscersi in esse, facilitando così il compito di interpretare le composizioni della band secondo il proprio sentire. Il titolo stesso, infatti, rimanda ai momenti in cui un esecutore ad esempio accentua una nota più di un’altra o gioca con le durate delle note personalizzando così la partitura originale tramite le proprie “variazioni agogiche”.
Per lasciare ampi margini di libertà interpretativa all’ascoltatore, i Virtual Time acquisiscono nuove sfumature, timbri e strumenti che permettono loro di dar vita a composizioni libere di strutturarsi seguendo le logiche dell’inconscio più che quelle imposte dalla forma canzone, incastrando così frasi melodiche dal respiro onirico, architetture strumentali cangianti che si rinnovano frase per frase e cambi di ritmo e umore.
Le otto tracce di cui si compone “/a-gò-gi-ca/” hanno come unici punti fermi l’orbitare intorno al pianeta rock e far rifornimento preferibilmente presso stazioni di carburante sonoro vintage, ma entrambe non sono certo novità per chi segue i Virtual Time sin dall’esordio del 2013. La novità è che in questo ep la velocità si calma e il disturbo graffiante delle distorsioni si dilata limitandone il dominio, senza per questo sbiadire l’impatto finale dei brani. I pezzi, inoltre, hanno un taglio maggiormente cantautorale ancora poco esplorato nei precedenti lavori del gruppo e che sicuramente dà alla loro musica una marcia in più.
“/a-gò-gi-ca/” si traduce, giusto per dare alcuni riferimenti, in una fermentazione di Pink Floyd e Arctic Monkeys con luppoli di Led Zeppelin e Babyshambles, e questa variazione delle dosi, sottile ma non troppo, sicuramente aggiunge qualcosa di importante al percorso di questa band, incuriosendo sui risvolti che questa pentalogia potrà intraprendere.
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La recensione /a·gò·gi·ca/ di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-09-14 14:31:29
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