I Blissful provengono da qualche parte degli infiniti sobborghi di Napoli, sobborghi che fanno Comune: hanno l’idea del punk in testa. L’unica idea di punk che oggigiorno sembra si possa avere in testa, a prescindere da Napoli, consiste in una soluzione neanche tanto acida di batteria a seguire il graffio bicorde distorto, un basso sicuro gregario ritmico, ed un inglese incomprensibile che salta le strettoie delle consonanti per potersi far risuonare meglio le vocali dei testi (che se siano più finto-disimpegnati o più finto-impegnati, sinceramente non l’ho mai capito). Eccetera.
Lo dico senza astio, mica voglio fare il bilioso. Manco c’ero negli anni ’70. E’ solo per precisare che gli “io questo l’ho già sentito” non valgono come argomento critico se si parla di un genere morto ancora prima di nascere, quasi trent’anni fa. E se in questo lasso di tempo che ci separa da allora un esercito di personaggi anti-personaggio hanno continuato ad invocare quegli dei senza futuro, è solo perché qualcuno ha cominciato a capire che quello stile (o meglio, quella completa mancanza), era l’unico elemento registrabile, tramandabile ai posteri, passibile di futuro (a partire da quello economico). Sta di fatto che molte teste (bardate di cappellino con la tesa stretta) oggi sono disposte a riconoscersi in questo equivoco che solamente gli immaginari fortissimi (specialmente se mai vissuti sulla propria pelle) sanno creare.
I Blissful di certo vanno ad aumentare il volume della schiera di adepti; ma per i motivi di cui sopra questo non dispiacerà affatto. Non cercano (e non trovano) niente più di ciò di cui c’è bisogno per fare nascere i loro piccoli fiori bastardi di punk melodico; e ammesso che ciò abbia senso come base di un progetto, lo fanno in modo schietto, credibile, efficace; forse fin troppo rispettoso.
Così, alla rinfusa, vengono in mente i Bad Religion, linee voce alla “giovani Green Day” e i primi, nostrani, Shandon. Nomi come gli altri; indicazioni tanto più piccole quanto più è chiara oggi l’idea di questo tipo di musica. E chi ha capito cosa intendo può richiedere con soddisfazione questo prono di appena quattro pezzi.
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La recensione promo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-08-01 00:00:00
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