"Sick Sad World", il secondo album dei The Ferrets, mi ha letteralmente scaraventato indietro nel tempo, in quell’epoca che sapeva di Topexan e pochi accordi.
“American Idiot” uscì quando frequentavo le medie, me lo ricordo compagno di viaggio della mia gita in terza. I Green Day, però, sono l’unica ammissione punk rock nella mia -tutto sommato- vasta discografia. Del resto, “Responsability” non sarebbe sfigurata nemmeno in “Dookie”. "Sick Sad World", il secondo album dei The Ferrets, mi ha letteralmente scaraventato indietro nel tempo, in quell’epoca che sapeva di Topexan e pochi accordi.
In quegli anni cominciavo ad avvicinarmi ad un’altra tipologia di rock, seppur le sonorità dominanti fossero ben chiare. Escludendo qualsivoglia artista italiano, i dischi masterizzati dei miei amici, la rotazione video di Mtv traboccavano di gruppi californiani. Sum 41, Phantom Planet, band che all’interno del mio mp3 (ed in seguito nel mio ipod) non hanno mai trovato spazio. I Blink 182, non è un eufemismo, “What’s my age again” mi mette ancora i brividi.
I The Ferrets traggono ispirazione diretta da questa golden age del pop-punk proponendoci un prodotto altamente orecchiabile in grado di fondere con sapienza il sound americano agli elementi tipici delle punk band nostrane ben riscontrabili in tracce come “The Party is Over” e “Tonight”, a tutti gli effetti, brani dei Punkreas o dei Derozer reinterpretati in inglese. Reduci dalla felice esperienza del loro album d’esordio “Another Planet” (con il quale hanno addirittura compiuto un tour europeo), la band piacentina con una nuova formazione all’attivo, ha confezionato un gioiellino fresco ed inappuntabile per gli amanti del genere.
Quando scriveranno la colonna sonora del prossimo “American Pie” e diventeranno famosi non dite che non ve li avevo segnalati.
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La recensione Sick Sad World di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-08-06 18:20:00
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