Cosa significherebbe avere un Primo Maggio per trecentosessantacinque giorni all’anno? Probabilmente gioverebbe a molti per una maggiore presa di coscienza dei diritti sociali nel mondo del lavoro. Qualcuno potrebbe, al contrario, dirsi oppresso dalla retorica. Di sicuro io ritroverei la mia città semi-paralizzata per via del “concertone” di San Giovanni. Per giunta, con un cartellone artistico spesso poco esaltante, affollato dai soliti noti del panorama italiano. Dato che l’underground nazionale su quel palco prestigioso non ha una grandissima visibilità, l’idea di questa compilation curata da Enrico Capuano è proprio quella di mostrare quanto di buono e interessante esista nel sottobosco musicale del nostro paese, ma anche quella di non far sì che delle istanze del primo maggio ci se ne ricordi solo un giorno all’anno, magari distrattamente, presi con più foga dallo sgranocchiamento di fave e pecorino...
Musicalmente parlando, in questo cd ce n’è per tutti i gusti: dal combat-folk di sapore etnico della Riserva Moac allo sghembo pop elettroacustico di Methel & Lord; dal trascinante power-rock dei Damien alle sonorità electroguitar degli Art Of Zapping, con quel loro piglio tamarro che piace in modo trasversale (à la Vitalic). Il brano migliore del disco a mio avviso è però quello dei Dopolavoro Ferroviario che, con la loro “Impiegati dell’arte”, ironizzano amaramente sul destino da precari che aspetta coloro che vorrebbero campare di musica. A metà strada tra Capossela e Frank Zappa, sia musicalmente che per il gusto dissacrante: lucidi folli.
Una raccolta variegata, ben assortita e con, in più, degli intenti lodevoli. Assolutamente da avere e da ascoltare, specialmente se fra qualche mese prenderete il treno per venire a Roma proprio quel giorno.
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La recensione Primo Maggio Tutto L'Anno di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-09-01 00:00:00
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