E se i Pearl Jam fossero italiani? O, semplicemente, se Eddie Vedder cantasse in italiano? Avrebbero lo stesso successo? Sarebbero apprezzati allo stesso modo? Non so se qualcun’altro se lo sia mai chiesto, ma io l’ho fatto dopo aver ascoltato i Colorblind.
Con questi quesiti non voglio sostenere l’esistenza di un’inequivocabile affinità fra i suoni e le parole dei Colorblind e quelli dei Pearl Jam. Infatti sono tante le influenze rintracciabili nelle dieci tracce di "Verde", delle volte ben più evidenti di questa. Fra le più chiare ci sono gli stessi Verdena: quasi una costante per le giovani band italiane alternative-rock. O, semplicemente, rock.
C’è comunque qualcosa. Un qualcosa che ha fatto sorgere in me questo pensiero. Un legame quasi impalpabile. Indiretto. Che emerge attraverso un ragionamento matematico. Come in un’equazione: il cantato in inglese di Filippo sta a quello di Eddie Vedder in inglese, come quello di Eddie Vedder in italiano sta a quello di Filippo in italiano. Per quanto poi la somiglianza sia lieve e limitata al chorus in inglese di "Black Mamba" e a quello di "Omicron".
Tutto questo per dire che, a mio parere, possiamo tranquillamente fare a meno di un Eddie Vedder italiano. I Colorblind infatti possono essere apprezzati per le melodie, non di certo per il cantato. La voce, nel tentativo di assolvere alla funzione di “strumento umano”, risulta inappropriata. Disomogenea rispetto al resto. Come se si trovasse nel posto sbagliato.
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La recensione Verde di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-09-12 00:00:00
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