Una suite di nove movimenti che racconta attraverso brevi scene interamente strumentali l’immaginario musicale di questo artista di stanza a Stoccolma
Una decina di giorni fa avevo recensito il più recente lavoro di Alessio Manis, “Burning bridges and building castels”, un disco di undici brani con grandiose aperture strumentali ma che, a differenza di questo “Maghnoto Toféa”, alternava le divagazioni sonore e gli assoli con le parti cantate, ben scritte ma non sempre ben calibrate. L’impressione iniziale fu che il polistrumentista di stanza a Stoccolma avesse una naturale propensione a comunicare meglio attraverso le sezioni strumentali che non attraverso la voce e i testi. “Maghnoto Toféa”, opera in realtà pubblicata cronologicamente prima di “Burning bridges and building castels”, con le sue libere e ipnotiche evasioni interamente strumentali conferma quella prima impressione e conferma anche i riferimenti già notati nell’altro lavoro, in primis l’attitudine a concepire la musica in maniera arditamente “pinkfloydiana”.
Quest’opera, concepita dall’artista come una “suite strumentale in nove movimenti”, alterna malinconia ed estasi, momenti onirici e tensione emotiva, costruendo un ideale ponte di temi e variazioni che si incastrano tra loro lungo i brani dando vita, come avveniva anche in “Burning bridges and building castels”, ad “un unico flusso di (in)coscienza sospeso tra sogno e realtà”.
Le tracce sono tutte molto brevi, di uno o due minuti ciascuna (ad eccezione della conclusiva “Pt. IX – Atom lung father” di tre minuti) ma il loro tempo è dilatato e morbido, quasi fosse sospeso dentro una sfera di cristallo.
Un’opera interessante che potrebbe diventare la colonna sonora di un cortometraggio visionario e dalle ambientazioni oscure ma che intanto si offre come ottimo sipario sull’immaginario musicale di Manis.
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La recensione Maghnoto Toféa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-12-19 14:17:39
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