Il destino ha voluto che i destini miei e di Dario Brunori, calabrese trasferitosi in terra di Toscana, tornassero ad intrecciarsi, dopo la recensione dei bravi Tetra-pak, ora Blume. Dario propone ora all’apprezzamento del mondo, e quindi anche mio e vostro, un demo in cui racconta la propria musica senza mediazioni. Quello che colpisce più favorevolmente di questo demo è il suono, debitore all’elettronica dei Notwist. Buono anche il cantato.
Le cose vanno meno bene se si prende in esame la struttura della composizione, ovvero la canzone in sé. In “Aldilà” siamo davvero dalle parti di certo cantautorato moderno alla Britti, che a io davvero aborro. Non me ne voglia Brunori, ma certe cose sono assolutamente non sdoganabili. Non basta rivestire di elettronica a la page un pezzo: da un certo punto in poi, anche la fase compositiva va rinnovata. Come diceva Mc Luhan, il mezzo è il messaggio. Questa impressione di spiacevolissimo mainstream imbrillantinato di davvero bei suoni permane molto forte anche in “È naturale”, meno in “La mosca” (ma siamo sempre contagiati da quel brutto virus). Buone invece “Il pozzo”, “Un’ora in più” e “Pretesti”, dove la vena cantautorale non si fa così easy e c’è invece un lontano ricordo di Bluvertigo e Marlene Kuntz.
Credo che questo demo non sia affatto la fotografia di un approdo, ma piuttosto l’istantanea di un percorso di ricerca. Come visto, due sono i filoni che si affacciano nella produzione di Brunori, io decisamente preferisco il secondo, e vedo il primo come una serie di scivoloni magari inevitabili agli inizi. Certo che sta a Brunori poi decidere in quale direzione sviluppare il suo discorso: più all’amatriciana barilla oppure più art friendly? In ogni caso – ma penso che sia raccomandazione inutile perché già sa -, meglio sviluppare al massimo la propria personalità, perché Britti, Bluvertigo e Marlene esistono già.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-09-10 00:00:00
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