Tra serio e faceto la band perugina punta il proprio “cannocchiale” sul marcio della società, ricavandone scene allucinate e distorte come la realtà
La band perugina Ponte degli asini ha presentato lo scorso ottobre questo ruggente dischetto di cinque tracce che si fregia del nome del noto scienziato “Galileo” per raccontare i propri punti di vista sulla vita e sulle piccole storie marce e quotidiane che prendono forma in testi dal linguaggio comune ma vivacemente immaginifico (“pesco tra le mille balene che solcano i miei pensieri” dall’allucinata “Avevi più anni”). Il cannocchiale che i nostri usano per osservare la società ha una lente che filtra la vacuità della superficie lasciando colare dentro soprattutto le melmose degenerazioni che portano talvolta al disagio e all’inquietudine e altre volte alla ribellione. Forse per questo, secondo loro, il malessere sociale è un “ponte degli asini”, immaginando la derivazione del loro moniker dall’espressione latina “pons asinorum”, che si usa in riferimento a qualcosa di facile da dimostrare, come il fatto che “a volte vivere fa schifo e poi a volte no” (come cantano in “Minuscolo”, traccia d’apertura dell’EP).
Se musicalmente si raffigurasse il Ponte degli asini verrebbe fuori un traballante ma robusto viadotto che collega le ruvide sponde rock dalle tinte punk con le lontane rive cantautorali dalla poetica selvaggia, reggendosi su ritmi incalzanti e distorsioni escorianti. I cinque brani di “Galileo”, dai toni sarcastici ma ricchi anche di considerazioni più amare e lucide, scorrono velocemente tra provocazioni (“Per i becchini non c’è crisi” o “Fanculo”) e riflessioni (“se conosci solo il nulla molte cose già le sai”, ancora da “Minuscolo”), mescolando serio e faceto come chi non vuole prendersi troppo sul serio ma al tempo stesso non ha troppa voglia di scherzare.
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La recensione Galileo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-01-27 21:44:04
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