Un ensemble di 15 elementi per un album di musica balcanica strumentale, nella migliore tradizione di un genere troppo spesso banalizzato
Se soprattutto nel periodo di boom del combat folk sono spuntate parecchie band con influenze balcaniche e/o mediterranee, i musicisti italiani che si approcciano a quelle melodie da un punto di vista prettamente strumentale sono di meno, e pure ci sono; sono invece pochissimi quelli che lo fanno anche con l’approccio orchestrale e bandistico che è alle radici della musica balcanica. E invece gli Obelisco Nero sono proprio un ensemble di 15 elementi che raccoglie archi, fisarmoniche e soprattutto ottoni, inserendosi in una linea che parte da lontano e arriva ai giorni nostri e a gruppi dal successo globale: quelle che erano le sonorità rom, rumene e slave, incontrandosi con le fanfare ottomane hanno dato origine ad una musica popolare che negli anni ‘90 è stata portata al successo in tutto il mondo da ensemple come Fanfara Ciocărlia, Goran Bregović, o Emir Kusturica & The No Smoking Orchestra. In questo secondo lavoro, ‘Il tempo dei maiali’, c’è più o meno tutto quello che dovrebbe esserci partendo da queste premesse: i momenti festosi e danzerecci, con la fanfara alla festa di paese (Bar Crazypolka, Simply Polka), il vento mediterraneo delle melodie greco-turche (Yugo e Zoran); quello che non si vede neanche in lontananza è lo stereotipo un po’ caciarone che spesso attanaglia la musica balcanica, quello da botellòn di vino rosso e pogo saltellante . C’è invece un grande senso malinconico, tutto l’epos tragico ma non patetico di una terra dalla storia difficile e dalla cultura sconfinata, che affiora in brani come Stella Rossa o il delicato Cecilia. Un album curato con grande stile di un genere musicale spesso banalizzato, consigliato a chi conosce queste sonorità ma anche agli amanti della musica strumentale.
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La recensione Il tempo dei maiali di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-05 19:30:02
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