"Exousia" è un disco complesso e denso, che necessità di un ascolto attento per poter essere pienamente apprezzato; lo sforzo viene ripagato dal trovarsi davanti un lavoro dalle numerose sfaccettature e ben realizzato.
“Slow listening”, ascolto lento: questo sembra essere il concetto alla base del duo Ear, originario di Forlì, e del loro secondo album “Exousia”, che arriva a distanza di più di dieci anni dal precedente lavoro. Ascolto lento: un ascolto che richiede tempo, calma e attenzione, fattori necessari a cogliere appieno le sfumature e le atmosfere di un disco intenso. Solo in questo modo è infatti possibile destreggiarsi tra le varie anime dell’album.
Si parte con brani ispirati ad un pop-folk dal taglio minimale e intimo con contaminazioni elettroniche (“Eveline” e “Canzone per chi non ha capito niente”) che ritorna spesso nel corso dell’album (ad esempio in “Le nostre fotografie); già dal quarto brano (“Massimizzazione del profitto in regime di concorrenza perfetta”, traccia strumentale costruita attorno ad una spiegazione di economia), tuttavia, si aprono le porte a sempre maggiori sperimentazioni. Arrivano quindi brani come “Insulo De La Rozoj”, incrocio tra il primo Colapesce cantautore e l’ultimo più sperimentale; “Heavy Colors”, pezzo strumentale dagli echi post-rock alla Mokadelic, ripresi anche nella successiva traccia “Resilienza”. La conclusione è affidata “Le nostre fotografie”, dove un violino s’incrocia ad atmosfere bristoliane alla Massive Attack.
Exousia è un album dall’ascolto non facile: la durata piuttosto consistente (quasi un’ora per undici canzoni) unita alla densità dei brani proposti scoraggiano l’ascolto casuale e distratto; forse renderlo più accessibile tagliando un paio di pezzi meno incisivi avrebbe giovato alla godibilità generale. Resta comunque un lavoro interessante e ben riuscito, nel quale è necessario immergersi con anima e corpo al fine di goderne pienamente.
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La recensione Exousia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-24 16:50:10
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