Artica_band presenta un album pieno di riferimenti al brit pop degli Oasis ma genuino e per nulla arrugginito
L’automobile degli Artica_band è piena di riferimenti al britpop degli Oasis, ma non è un segreto. Fa servizio continuo tra l’Italia e il Regno Unito e va che è una meraviglia, senza scricchiolii né guasti al motore, dritta dritta puntando verso Manchester. I passeggeri sono quattro e sembrano fidarsi molto della loro musica che mostra un suono “vecchio” ma onesto, percepito più nostalgico che ormai passato, con malinconici sguardi indietro agli anni ’90 del pop rock di matrice anglosassone. Il contenuto non è sospetto, risulta prevedibile ma non arrugginito. I ragazzi si mostrano inossidabili, la chitarra è sempre pronta a sferragliare, le atmosfere sono un intruglio di precisione, dinamica e potenza. I dieci brani del disco grondano energia e valgono l’ascolto, nonostante appaiano poche sorprese lungo il percorso.
“Take it slow” è un disco che celebra il rock impastando la sua materia densa e tellurica sin dal primo episodio (“Psyco soul”); alcuni pezzi sono canzonette più affabili (“All we need”, “Dream night”), altri hanno un tono più randagio e influenzato dai fratelli Gallagher (“I don’t know why”, “Call the police”). Di certo si rintracciano anche cadenze sincopate di basso e batteria, taglienti sciabolate sonore e giochi di cori (“Fired up”, “Drive my way”) ma il pezzo più interessante dell’album resta “Lost my soul” che ci viene incontro più languido e melodico, in equilibrio tra foga e dolcezza.
I nostri quattro amici sono fiamme ossidriche, indignati al punto giusto e forse un po' in posa ma risultano puri e la loro voce è insofferenza vera. Da ascoltare.
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La recensione Take It Slow di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-09-01 00:00:00
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