"Concreto" è un disco dall'ascolto non facile, che premia l'intrepido con un'intensa esperienza spirituale.
C’è una certa ironia nel titolo che Alberto Nemo ha scelto per il suo ultimo album, “Concreto”: questo aggettivo fa infatti riferimento alla dimensione materiale, sensibile delle cose; e tuttavia, fin dai primi secondi di ascolto, è evidente come la musica del disco punti in una direzione totalmente opposta rispetto a quella tendenzialmente seguita dalla realtà terrena. Lo stile musicale di Nemo, a metà strada tra ambient e musica sacra, unito all’incredibile padronanza tecnica nell’utilizzo della propria voce, indirizzano prepotentemente questo disco verso la dimensione del metafisico e dello spirituale: per tutto il tempo si ha infatti la sensazione di stare assistendo alla celebrazione musicale di ciò che sta “oltre”, e non è difficile, chiudendo gli occhi, immaginarsi in qualche luogo di culto antico e remoto, circondati da incensi e candele, a presenziare alla più antica delle cerimonie religiose.
La propensione del disco –e di Alberto Nemo- ad innervare di spiritualità la realtà circostante emerge in particolare in due brani: le reinterpretazioni de “L’infinito” di Giacomo Leopardi e della filastrocca “Girotondo”. Due componimenti apparentemente antitetici rinascono come opere nuove, mostrando in queste loro reinterpretazioni sfaccettature inedite, e finiscono per avere molto più in comune tra di loro di quanto si sarebbe potuto pensare, diventando entrambi parte della liturgia di Nemo.
Certamente non si tratta di un album da sentire in modo distratto e superficiale; l’attenzione e il tempo dedicati a questo disco saranno però ripagati dall’intensità emotiva dell’esperienza dell’ascolto.
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La recensione Concreto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-05-25 02:07:35
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