In un certo senso, questi Eronatos (nome orribile, ragazzi, davvero, cambiatelo) sono davvero sorprendenti. No, non perché sfoderino il demo rivelazione dell’anno o traccino nuove vie. Nulla di tutto questo. Ma perché con materiali del tutto stantii come la new wave dei primi Litfiba, quelli di “Desaparecido”, per intendersi, e gli arabeggiamenti che andavano dieci anni fa in un certo tipo di musica italiana (penso ai Radiodervish), riescono a costruire qualcosa che non solo sfugge al sentore di muffa, ma addirittura si fa ascoltare con un certo piacere.
L’iniziale “Verso l’ignoto” parte con un arpeggietto di chitarra che non ha nulla di originale ed è zeppo di suoni anni 80, di quelli che non sono affatto tornati di moda. Eppure funziona, Cristo Gesù, se funziona. Merito anche di un ritornello che s’impone piacevolmente. La successiva “Strane illusioni” fonde scale arabeggianti e rock riuscendo a situarsi nell’unico punto che non sa di morto tra “Istanbul” dei Litfiba (ai quali rimanda il giro di basso) e “Kashmir” dei Led Zeppelin. Leggendo gli ingredienti, dovrebbe essere un brano da stroncare: invece, pur non essendo nulla di miracoloso (ricordiamolo…), semplicemente funziona in maniera decente. “Diafano” ha tiro e riff da medio gruppo anni 80, tastiere che avrebbero fatto la felicità degli Asia, stucchevole supergruppo prog di quel decennio, eppure ancora una volta, via che si va. La conclusiva “Tracce di luce” unisce addirittura la tipica melodia napoletana al dark. Riuscendo ancora una volta credibile. In generale, il vocalist Gianni Cotugno possiede un timbro a metà fra un muezzin e Robert Smith, che ci sta a pennello. I testi sono il vero punto debole del progetto, legato come sono al più trito immaginario gotico, tanto che potrebbero figurare degnamente in qualche pezzo death metal.
Non sono un nostalgico e anzi, proprio perché gli anni 80 li ho vissuti in prima persona, sono particolarmente irritabile da tutto ciò che sa di muffa e non rinnova credibilmente la formula. Insomma sono uno sempre pronto ad esclamare “Ancora ’sta roba? Dio mio no, che palle!” Per cui, testi a parte, rinuncio a capire dove stia il segreto che ha permesso la costruzione di brani gradevoli partendo dalle premesse di cui dicevo sopra. Fatto sta che in certo casi quello che conta è il risultato. Anche se ho il sospetto che siamo di fronte a qualcosa di paragonabile al colpo a sorpresa della provinciale sul campo della grande squadra, dato che ho sfiducia nel fatto che si riesca costruire qualcosa con questi materiali. Insomma, anche se penso proprio che non tornerò ad ascoltare questo demo, bravi, fiòi.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-10-29 00:00:00
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