La liturgia dark si svolge in una chiesa "industrial" e l'organo diventa il sintetizzatore di un'omelia elettronica
Il sacerdote sale sul pulpito e dà inizio alla sua predica: dopo le prime parole, l'organo si trasforma in un sintetizzatore, l'omelia diventa una tirata canzone electro-rock e i fedeli la seguono chinando il capo a tempo di musica. Questa liturgia dark in una chiesa "industrial" potrebbe rappresentare lo scenario di The Pulpit Of St. Joseph, il nuovo e quarto lavoro dei Traum Jesters.
La band, che ha sede fra Roma e il mondo, è composta da voce, chitarre, sintetizzatore, basso e batteria: il disco è un vero e proprio concept album sui mali e i difetti di una società contemporanea che assomiglia sempre più a una sorta di Purgatorio moderno (Purgatory), con una trama sottostante che ha per protagonista un religioso.
Così, dal suo pulpito, il protagonista denuncia ad esempio le condizioni di questo impero malato (This Sick Empire), le morti dal cielo (Death from Above) e l'oscurità dilagante in una giungla metal (The Creator of Darkness). Fra i dodici brani trova anche spazio un omaggio a Champions Of London, traccia dell'album "No Tourists" dei The Prodigy, che sono sicuramente fonte d'ispirazione per il gruppo. Il disco dei Traum Jesters è ben realizzato, ha una bella produzione, scorre piacevole, omogeneo e compatto, per lo meno nelle orecchie degli amanti del genere, ma sa anche stupire nelle sue corde più rock (Caucus Race).
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La recensione The Pulpit Of St. Joseph di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-09-22 18:43:07
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