La malinconia antica di "Eight crows on a wire" ha il suono alt-folk di Wilco e Eels interiorizzato con disinvoltura e semplicità
Non si può rimanere indifferenti a “Eight crows on a wire”, il cui intento è quello di condurre l’ascoltatore dritto nel cuore del rock cantautorale impegnato, a colpi di semplicità e senza retorica. L’alt-folk da camera di Staggerman, alla quarta prova da solista con il presente album, è un piacevole viaggio dal sapore antologico che richiama alla mente Wilco, Eels, Starsailor sfoggiando tanti accenti sempre in un’unica direzione: sfuggire agli stereotipi senza mai aggredirli. Il gusto asciutto delle ballate scheletriche, disegna un cielo cupo sotto il quale si muove una massa di innocenti, attraversati da qualche barlume di speranza; si tratta di un lavoro comunicativo e organico, forse a tratti monocorde, ma decisamente gradevole all’ascolto.
Con un movimento felpato e sinuoso entra “The innocent”, sentita ballad il cui spettro sonoro si amplia nella seconda parte, suonando più viva e urgente. Gli ingredienti di “7th” sono semplici e legati alla tradizione alt-folk: un supporto di chitarra, un piano rilassato, una confessione in cui magicamente albergano gli Starsailor. L’alchimia che si crea in “Astonished J” e “Spilling lifeblood” ricolma lo spazio di sospensione; il tema è delicato e corre sul sottile filo della vita, tra coinvolgimento emotivo e paure. Quando hai eroi che si chiamano Neil Young, Tom Waits, Van Morrison, e se li hai introiettati al punto da saperli evocare senza timore reverenziale, ascolterai il blues di “Cursed Monkey”, “Crow song”, “Three bottles of wine” e “As a stone” cogliendone una malinconia antica.
“Eight crows on a wire” colpisce per la sua capacità di rinascere pur mantenendo un format di canzoni standard e tradizionali. Interessante.
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La recensione Eight Crows On A Wire di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-07-04 15:42:00
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