Mattia Coletti Zeno 2006 - Sperimentale, Noise

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Sappiate che questa è una recensione dove le divagazioni scorreranno fitte come la pioggia che mi è caduta, oggi, addosso. E se siete i tipi di lettori che non amano le recensioni così (spesso io sono uno di quelli) abbiate pazienza. Vi dico subito che il nuovo disco Wallace è molto molto bello, merita che ve lo compriate e che, anche se non è il vostro genere o non vi piacerà subito, ne varrà la pena.

Ritorno a me. Oggi ho scoperto che Richard Hell è ancora vivo, ho aperto Rolling Stone e ho trovato un articolo dove si parla di lui al presente. Ovvio non è una bella cosa da dire ma devo ammetterlo: per tutto questo tempo l’ho scambiato per Peter Laughner. Quindi, nel mio immaginario, i Pere Ubu si stavano godendo la vecchiaia e Richard no. Questo per spiegarvi come la mia giornata sia stata abbastanza surreale. In più, ero fermo in un parcheggio. In macchina. Ero in tremendo anticipo, tipo quaranta minuti. Stavo in macchina per non spendere soldi per il parchimetro. Due parcheggi dietro di me c’era una coppia che scopava. Giuro. Quattro del pomeriggio. Vicino alla stazione di Porta Susa a Torino. Due scopavano in macchina. Io leggevo Rolling Stone e ascoltavo Mattia Coletti e scoprivo che Hell era ancora tra noi.

Il disco di Mattia è veramente splendido. Dovete comprarlo lasciarlo lì un po’ e poi riprenderlo più avanti. All’inizio lo cataloghereste come musica d’avanguardia leggermente addolcita. Sono arpeggi con la chitarra acustica che si ripetono a lungo. Spesso dissonanti e con piccoli rumori. Non molto di più. A volte resta sullo stesso giro per tutto il pezzo. Altre volte ci sono alcune serie di variazioni “più armoniche”. Si è fatta l’ora dell’intervista. Ho pagato il benedetto parcheggio e sono andato. Una delle peggiori mai fatte: sia io che gli intervistati non avevamo la minima intenzione di scaldare un po’ la conversazione. Fatte le domande. Trovate le risposte. Ci sono stati i saluti, le cordialità e di nuovo in macchina.

Il disco di Mattia ha anche molte parti di voce, spesso sono lamenti o piccoli urli. A volte sono vere parti di parlato. Ricordano un po’ i Faust. O Nico. Un modo di parlare austero e distaccato su note che vanno un po’ per i cazzi loro. Altre volte sono voci in reverse.

Nel frattempo il cielo è diventato di piombo. Il mio stato d’animo era pessimo (sono ormai parecchi giorni che mi sento rivoltato come un calzino). Mi sembrava che nulla potesse andare peggio di così. Il parabrezza ha iniziato a macchiarsi d’acqua. In poco tempo, il diluvio. Potevano piovere rane e non me ne sarei accorto. Non si vedeva nulla. Ho alzato il volume e ho scoperto che sotto tutti questi arpeggi c’è un preciso tappeto di suoni che riprendono alcune note della chitarra mentre ne lasciano altre dissonanti. Si crea un vero e proprio flusso. Come nella drone music ma fatto con strumenti acustici. Fantastico. In più non vedevo proprio più niente. La pioggia era fittissima. La sensazione di isolamento dal mondo non è mai stata così piacevole e ben vissuta. Questo è un disco che potrebbe essere definito d’avanguardia, o di elettro-acustica. Mattia Coletti (chitarrista dei Sedia) sperimenta l’utilizzo della chitarra acustica abbinandola a field recordings, strumenti digitali o semplici rumori. L’effetto musicale è psichedelico. Quello emotivo è di riuscire a rappresentare buona parte del marcio che hai dentro e farlo andare via. Uno dei dischi più umani che ho sentito in quest’ ultimo periodo. Splendido.

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La recensione Zeno di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-04-14 00:00:00

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