Coerenza stilistica, storie da raccontare in un momento di chiusura generale, bisogno di percorrere la propria strada senza chiedere permesso a nessuno, necessità di ritrovare valori che oggi si vanno perdendo.
Non ritrovo più le cose è l'ultimo album di Alessandro Lilliu, 11 tracce registrate in tempo di chiusura per pandemia, dove traspare il bisogno di vita, di strada e di storie semplici ma non per questo poco importanti.
Ci si muove stilisticamente nell'ambito del rock/blues e del pop cantautoriale. Sorprende un po' sentire il suono dell'armonica a bocca, presente subito nelle prime due tracce, ma piace perché rende subito le canzoni narrativamente centrate e il sound rassicurante come in una canzone di Bruce Springsteen o di Edoardo Bennato, dove l'impianto armonico è saldo e standard e per questo più semplice da ascoltare e da assimilare.
Escursioni in sonorità più elettriche, quasi alla Litfiba di Lacio Drom in L'acqua santa e un funky accattivante e pulito che fa capolino in Tra gioia e follia. Non possono mancare le ballate come Comprati uno specchio e Ancora noi, dove il sound diventa meno spinto ma più caldo e la voce si può muovere distendendosi più comodamente su metriche sempre ben dosate e mai pesanti o invadenti. Non può mancare il blues con tanto di chitarra slide di Siamo quel che siamo e le prove più cantautoriali come Come si fa? e Mi manchi, scanzonata e leggera la prima, introspettiva e malinconica la seconda.
Interessante lo shuffle della title track Non ritrovo più le cose con chitarre acustiche calde e precise, che rappresenta il sunto di tutto l'album, dei suoi argomenti e le sue tematiche. Chiusura del disco con una canzone dal sapore pop che fa pensare alle sonorità del Raf dei primi anni 2000.
Al livello tematico il disco si muove tra storie di vita vissuta, amori che iniziano, nostalgia per amori e storie passate, qualche cenno politico sociale alla situazione emergenziale che stiamo vivendo per causa della pandemia, il tutto permeato con la capacità di leggerezza e ironia che concorrono a non appesantire o a rendere teatrali e patetiche certe tematiche.
Strumentalmente l'impianto è ciò che di più classico si può chiedere a un disco rock pop cantautoriale. La batteria pulita e mai troppo graffiante, il basso pulsante che non si muove mai dalla prima posizione e mantiene il suo ruolo principale sulle frequenze più basse, chitarre acustiche spesso doppiate sui due canali e prevalentemente in strumming, chitarra elettrica sostanzialmente ritmica che però si ritaglia qualche solo e, più spesso, si libera dalla funzione ritmica nelle parti interlocutorie tra strofe. L'armonica a bocca sostituisce le frasi di chitarra elettrica nelle prime due canzoni e poi ci sono pad e organi che servono più che altro a riempire le frequenze lasciate scoperte dagli altri strumenti e per dare colla a tutto il sound.
La voce in ultima analisi è, coerentemente al genere pop, fuori dal mix quanto basta e riesce con grande mestiere ed esperienza a poggiarsi sugli arrangiamenti senza mai essere al limite della propria estensione sia in alto che in basso. Il timbro è deciso e il graffio è quello tipico del rock, prestato a un ambient generale meno cattivo che comunque ne fa risaltare le doti.
Non ritrovo più le cose è un album maturo che non vuole stupire con effetti speciali, quanto invece raccontare storie e avvolgerti pian piano tra le sue spire, finché non finisce e ti fa venire voglia di riascoltarlo. Nulla di questo disco è sperimentale o lasciato al caso, si sente dietro il lavoro sapiente di chi ha le idee chiare e non ha bisogno di cercare soluzioni all'infuori della propria esperienza. Si sentono i chilometri percorsi, la polvere e il sangue versati per potersi permettere di essere se stessi oggi.
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La recensione Non ritrovo più le cose di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-09-16 17:30:04
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