Il connubio classico-elettronico del progetto Dinkis, al quarto lavoro in studio, conferma i pregi di scrittura ma non scavalca gli ostacoli di un eccessivo minimalismo strutturale
Prosegue lungo la strada elettro-melodica il percorso del progetto Dinkis ad opera del compositore e produttore siciliano Gabriele Mineo che, con il quarto lavoro sulla medio-lunga distanza, Ossigeno, porta avanti la sua personale ricerca melodica unendo studi armonici prevalentemente pianistici a un'elettronica minimalista che porta il tutto ai confini di certi territori new age senza addentrarsi in un campo sperimentale difficile da seminare ma, forse, produttivo in termini di conferimento di senso.
È, forse, anche – o proprio – per questo che la sostanza tarda ad arrivare. Si avverte ampiamente la presenza delle importanti idee di partenza – tutte eccellenti e votate a un concept emotivo non di poco conto, anzi – ma l'apporto sostanziale delle architetture sonore non segue una potenziale linea evolutiva, scegliendo di rimanere in una sorta di comfort zone dalla quale sarebbe meglio uscire per concedere all'ascolto di arricchire il proprio bagaglio animistico ed esperienziale.
Ed è davvero un peccato, questo. Lo è nella misura in cui il connubio tra impostazione melodica classicheggiante e utilizzo delle sonorità elettroniche si limita a un minimalismo che non evidenzia fino in fondo i pregi di una scrittura di indubbio gusto e spiccata finezza. Certo, la finalità era quella di tradurre in suoni ciò che di più metaforicamente intimo emerge dal concetto di respiro e di ritorno a una introspezione personale molto seria e delicata. Ma perché non tentare di rendere il tutto in maniera più corposa e drammaturgicamente valida, strutturando l'opera attraverso un graduale afflusso di narrazioni sonore che si servano di più strati sonici per una maggiore attenzione al dettaglio e alla dinamica?
Lo studio melodico che scaturisce dalla scelta dei temi pianistici è indiscutibilmente valido tanto quanto può esserlo un approccio alla Philip Glass ma senza l'ossessione per la ripetitività, elemento che qui c'è ma viene gestito molto saggiamente in funzione dell'atmosfera complessiva – un po' più alla Einaudi, si potrebbe dire. Proprio questa certosina selezione sonora, però, rischia di essere estromessa dal risultato finale in presenza di una eccessiva ridondanza sintetica che non procede oltre il supporto melodico, cosa che invece farebbe bene a fare, magari optando per una diversa ricerca sonora che contribuisca a una maggiore stratificazione in termini di architettura complessiva – vedere alla voce Chris Zabriskie, per intenderci.
Sono solo illazioni individuali, è ovvio, ma provengono proprio da un sincero desiderio di una più incisiva carica emotiva che vada oltre lo spunto e arrivi a descrivere meglio ciò che di meravigliosamente cinematico viene messo in tavola dal principio.
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La recensione Ossigeno di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-12-16 11:49:00
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