Il nuovo lavoro del chitarrista napoletano riscopre una semplicità d'atmosfera che colpisce dritto al cuore
La chitarra di Marcello Giannini è una delle protagoniste della scena musicale napoletana degli ultimi anni, prima con (tra gli altri) Slivovitz, Guru e Arduo, più di recente con Nu Genea e Flo. Un percorso affiancato da una carriera solista che ha sempre avuto il ruolo di ricettacolo per tendenze più sperimentali, almeno fino a questo quarto lavoro licenziato qualche mese fa per NoWords: ‘Teresa’ è dedicato alla nonna del chitarrista, una genesi intima e personale che in qualche modo si riflette anche sulla materia sonora del lavoro, otto tracce costruite su un suono di chitarra ruvido e sincero, ma soprattutto otto brani raccia dall’anima fondamentalmente melodica, che non eccedono quasi mai complessità armonica, rimangono legati a strutture più vicine alla canzone strumentale senza mai calcare troppo sul pedale della dinamica. Un registro incalzante ma placido, che lascia a melodie di ampio respiro, dalla regia morriconiana, lo spazio per evolversi e incontrarsi, sovrapporsi per poi frantumarsi e disperdersi in texture elettroniche (Serotonina), distese post-rock (Ritrovamenti), colori mediterranei o tropicali (Kairos, Rio de Janeiro), accenti desertici (Teresa). L’album è impregnato di un’estetica “di genere” trasognata e pensierosa, fatta della materia dei ricordi, che passa dal western a istantanee noir da classico del cinema, sempre tratteggiata dalle chitarre di Giannini; arpeggi, lunghi riverberi twang, occasionali incandescenze soliste, con il fondamentale apporto di colori e snodi narrativi forniti da violino, sax e armonica direttamente dai membri (anche qui, tra le altre cose) degli ex Slivovitz, e soprattutto di una sezione ritmica che definisce tantissimo del peculiare tiro e della struttura compositiva dell’album (Marco Castaldo alle batterie, Andrea De Fazio e Stefano Costanzo batteria aggiuntive, Michele Maione percussioni, Paolo Petrella al contrabbasso e Stefano Simonetta basso elettrico). ‘Teresa’ è un album relativamente breve e compatto che trova linfa vitale nel cursus honorum di tutto rispetto del titolare, raccoglie una serie di input ed esperienze e li lavora per sottrazione rispetto alle capacità di complessità dimostrate da Marcello in altri lavori. Lasciando venir fuori solo l’essenziale, racchiuso in un prodotto organico che, grazie ad un gioco di atmosfere e ad alcuni temi di facile presa, riesce a lasciare un’impronta emotiva duratura più di quanto riesca ad impressionare con passaggi strumentali rocamboleschi o strutture ermetiche.
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La recensione Teresa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-12-29 22:07:54
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