La commistione di due esperienze musicali quasi decennali, quella dei Madbones, qui al completo e quella di Olly degli Shandon, naturalmente alla voce, non poteva che produrre un buon disco. Qui affiancati da elementi di spicco, quali Luca Chiaravalli, noto per la sua attività di compositore, autore, arrangiatore e per le numerose collaborazioni nel panorama musicale italiano (a titolo esemplificativo basta sapere del suo intervento nell’attività di Eros Ramazzotti o di Francesco Renga), al piano e alle tastiere.
The Fire è un progetto che determina l’allontanamento da parte dei suoi componenti dall’originaria impostazione ska-core e punk, segnando un avvicinamento al rock. La title track, celebrazione di un personalissima versione di overdrive, “Loverdrive”, è un vero e proprio gioiellino. Qui l’alternanza vocale fra Andre e Olly, che riveste il ruolo di vocalist principale, produce una sensazione di piena soddisfazione auditiva. C’è tutto quello che ci si potrebbe aspettare e tutto quello che si vorrebbe sentire in un pezzo rock: bacchette usate con la dovuta forza, ritmo calibrato, evoluzioni canore soppesate, energia urlata al massimo.
Ascoltando “Emily”, una strana ragazza dotata di un “alter ego cat”, mi chiedo se i The Fire si siano ispirati all’abbigliamento di alcune loro fan o se questa analogia con Emily the Strange sia soltanto una coincidenza. “Suicide Girl” è probabilmente una considerazione ironica del fenomeno di convergenza fra immagine, musica e tattoo presente nel web o, forse, è soltanto un inno all’avvenenza delle suicide girls, qui rappresentate dai coretti sbarazzini di GoGo, Maia e Yuki. “Ixis” è un pezzo carico di passione, un saluto ad una persona importante ormai scomparsa, il Dj ska-rocksteady di Trieste “le cui canzoni continueranno a suonare” attraverso la radio e nei ricordi di chi lo conosceva.
“Loverdrive” è un prodotto qualificato. È suonato, registrato e mixato perfettamente; non c’è niente che non funzioni. Anche se, ad un ascolto più attento, si percepisce una certa artificiosità: molte tracce sono infatti costruite secondo il medesimo schema, caratterizzato dalla presenza di una frase finale urlata con la massima potenza a spezzare l’alternanza fra strofe e chorus. Complessivamente dunque un bell’album, con rimandi hard-core in “Waitin’ 4”, strascichi foofightersiani in “Erase Her Love”, ritmi che sfiorano il reggae in “Best Of The World”, reminescenze bonjoviane in “Big Brother” e, cosa da non sottovalutare, la cover del successo degli anni ’80 dei Bronsky Beat, “Small Town Boy”, sulle difficoltà affrontate da un ragazzo di provincia per l’affermazione della propria diversità sessuale.
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La recensione Loverdrive di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-09-15 00:00:00
COMMENTI (2)
Tralasciando il mio eterno amore per gli Shandon, non si può negare certo che questo sia un piccolo gioiello :) Grazie Olly, Grandi The Fire!
Quest'album è un piccolo capolavoro...ma nessun commento?!?!?! Come mai?!?!?!?! Mah...mistero della fede (in Rockit)