Disco che brucia e rigenera le energie intrecciate di post-rock, new wave e shoegaze.
L’uroboro: simbolo antichissimo presente in molteplici culture, raffigura un serpente (o un drago) che si morde la coda, formando così un cerchio senza inizio né fine. La sua rappresentazione ha assunto molteplici significati nel corso della storia: l’energia cosmica che continuamente consuma e rinnova sé stessa, in un ciclo senza fine; la ciclicità della vita e dei ritmi del mondo, che eternamente si rincorrono senza sosta; fino ad arrivare, in tempi decisamente più recenti, ad essere il titolo dell’album d’esordio degli Audio Chaos.
Come il rettile infinito che nel divorare sé stesso trova il proprio sostentamento, così il quintetto crotonese si pone nei confronti della propria musica: un processo di creazione al quale dedicarsi fino a consumare la propria essenza, un eterno ciclo all’interno del quale le energie riversate nella musica vengono tramite la musica stessa restituite al cosmo, in un continuo interscambio. Che si tratti delle distorsioni industrial di L’ultima aurora boreale, dell’incalzante e asciutta new wave di Adesso è il momento o delle dilatazioni post-rock di La rapina al bordello, il risultato ritrasferisce nell’ascoltatore quella forza vitale che gli Audio Chaos hanno seminato nelle sette canzoni che compongono l’album.
I nervosismi musicali del gruppo costituiscono il sottofondo a testi di stampo esistenziale, recitati – più che cantati – con piglio quasi liturgico. Siamo senza troppi dubbi dalle parti dei Massimo Volume e del Teatro degli Orrori più – per l’appunto – teatrale. Il connubio funziona, contribuendo alla creazione di un’atmosfera quasi da rituale pagano, da rivelazione mistica. Gli Audio Chaos sono pronti a brillare tra le proprie fiamme come la fenice, a immolarsi e rinascere dalle proprie ceneri. Siete pronti a seguirli?
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La recensione UROBORO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-06-10 16:45:59
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