L'ambient è un genere difficile. Sembra strano ma è così. Voglio dire: per esso vale quel verso di Lucio Dalla sulla musica andina: "Sono più di tre anni che si ripete sempre uguale". Per la precisione dal 1978, quando Brian Eno s'inventò il genere, trasponendo in un territorio indefinito tra elettronica e jazz le intuizioni di monsieur Eric Satie. Da allora, l'ambient, stretto tra un progressivo svilimento new age e le occasionali divagazioni verso una forma canzone di un pop metafisico dovute a David Sylvian, che ha collaborato non a caso sia con mister Eno che con quell'altro briccone ambient di Robert Fripp (in "No pussyfooting", 1973, in coppia con Eno aveva anticipato il genere), è sostanzialmente rimasto sempre uguale. Se segui il primo filone (new age) produci sicuramente roba orrenda, con poche possibilità di errore. Se segui il secondo, quasi sicuramente produci un lavoro di alto livello ma – come la musica andina – sempre uguale. Per cui non c'è via di mezzo: se il genere piace, tutto ok; se no, tutto male.
"COMbiCOM" di Enrico Coniglio appartiene per fortuna al secondo filone, quello più fedele alla linea, se volete, e che ha il solo torto di presentare la solita atmosfera asettica e raffinatissima da esposizione d'arte trendy anni 80. Entro questi limiti, che separano l'appassionato dal denigratore, il disco di Coniglio è un bel disco, in cui tutti i brani presentano un loop di partenza su cui germogliano come nuove forme vegetali gli interventi dei vari strumenti. Il clarinetto di Nicola Alesini ricama assoli pieni di gusto e discrezione sull'esempio di quello che faceva Jon Hassel in "On land" di Eno; l'iniziale "Sulla spiaggia al Ritz" evoca il ricordo del Vangelis (un altro che si tuffò nel genere) di "Blade runner"; il piano di Hans-Joachim Roedelius (ex-Cluster, colossi del krautrock) è di un eccezionale gusto. Tutti musicisti sono bravissimi, non solo tecnicamente, come è scontato nel genere, ma per il senso estetico di cui dimostrano di essere dotati. "COMbiCOM" è un disco che evita in ogni momento le banalità da parrucchiere a la page e mostra un valore intrinseco, non risultando affatto il classico disco di atmosfera e basta. Poi però, non dice nulla di nuovo, come sempre. Tre stelle su cinque.
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La recensione COMbiCOM di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-06-18 00:00:00
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