“Voicemail” suona più come un’esigenza che come un disco nel senso tradizionale del termine
Affrontare il proprio universo interiore e trasformare l’energia in forma espressiva. E’ un percorso che spesso accompagna le persone alla ricerca di se stessi, con la smania di osservare, riprodurre, esplorare, contaminare e provare a vedere l’effetto che fa.
Rinfiggi ci ha messo i suoi tormenti e le sue complessità: diciott’anni e tanta voglia di esprimersi e di sperimentare attraverso la musica, racchiusi in dieci brani di un cantautorato sghembo, atipico e personale. Per questo “Voicemail” suona più come un’esigenza che come un disco nel senso tradizionale del termine.
Voce, chitarra, distorsioni ed effetti sonori: una cifra stilistica estremamente intima e molto essenziale, anche quando la lunghezza dei brani va oltre gli standard (“Richard died, january killed him” supera i dodici minuti) e una qualità lo-fi che talvolta finisce per penalizzare buoni spunti (“I’d like to know if you’re happy).
Le scelte sonore e lo sviluppo dei brani non aiutano nell’ascolto e “Voicemail” finisce per essere così un album ostico, davvero difficile da affrontare dall’inizio alla fine. Del resto non si può pretendere di dare una direzione precisa all’istinto e alle esigenze personali.
La prossima volta però cerchiamo di venirci incontro.
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La recensione voicemail di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-09-27 15:00:11
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