Uscire da un momento di difficoltà mettendo in ordine i sentimenti, le relazioni, le influenze artistiche, il tutto tenendosi la mano per salvarsi.
Mi immagino Francesca e Fausto, California e Lama, riordinare casa. Tipo il metodo Marie Kondo, che analizza vestiti e oggetti tenendoli soltanto se “sprizzano gioia”. Li vedo riordinare i cartoni della loro vita, in un momento di incertezza emotiva, artistica e – per loro stessa ammissione – relazionale. Mettere a posto per mettersi a posto, oh, lo faccio anche io.
Non c’è serendipità in questo disco: è chiaro che si son messi là, con attenzione e cura, a mettere tutto a posto, stanza per stanza. Partendo dalla camera da letto, l’evoluzione di un rapporto di coppia, ancora più complicato se è un pezzo della loro arte. I tentativi di salvezza tornano lungo tutto l’album: tenersi forte mentre “piovono messaggi di propaganda” e si incontrano “le bombe, lo iodio, l’inverno e la dignità” nel brano di apertura Chiamami. Oppure proteggere la fragilità di chi si ama, in Sei di vetro, che chiude l'album partendo come una demo storta, autoproducendosi piano piano, divenendo dialogo di coppia.
Li osservo riordinare il mobile dei dischi, con l’aiuto dei Mamakass alla produzione, accatastando e rispolverando influenze, abbracciando suoni meno lo-fi ma ricchi di storia. Dal folk prima soltanto intravisto ora più presente – Giorni Opachi –, al cantautorato più convenzionale, ma funzionale, e un paio di episodi di rap puro. Tornano le canzoni che ne contengono altre due o tre, più simili a blocchi note scarabocchiati – Odio i motori – o le citazioni ’80 e ’90 – su tutte, Transistor, con Cronenberg che incontra Microchip Emozionale. Prendono polvere anche le cianfrusaglie tech e in Napster – il pezzo più suonato dell’album – si smonta ogni accusa verso il progresso.
Fuori dalla finestra, in queste pulizie d’autunno, c’è Milano: sempre sullo sfondo negli album della band, qui con un nuovo punto sulla mappa grazie a Maldinoia. Intanto, Fausto e Francesca giocano e scherzano, litigano e fanno pace, rivelandosi campioni mondiali di skit, tra intro, chiusura e intervallo paradossali e disarmanti – “Cosa ci fai con le orecchie?” – sfottendo anche il proprio status di recording artists in un momento di meta-album.
Il riordino non risparmia l’intimità, il riflesso del volto allo specchio, l’allenamento alla tranquillità – Calma Workout – e le domande esistenziali di Foschia, tra l’etereo e il solido col ritorno dei cari vecchi giochi di parole. In Sto Mettendo Ordine – appunto – Fausto analizza la sua carriera con disarmante onestà e ritrovato flow, mentre in La Resistenza, i Coma_Cose ci regalano un altro inno generazionale, che se due dischi fa avere vent’anni faceva schifo, un Lama più canterino e una Cali ancora più vocalmente precisa ci insegnano che “crescere vuol dire adattarsi, mica rompersi i coglioni”.
In questo casino, fare ordine. In questo disordine totale, tenersi la mano. Mettendo a posto gli scatoloni, salvarsi.
---
La recensione Un meraviglioso modo di salvarsi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-11-06 01:19:11
COMMENTI