Di domande esistenziali e ritmi dance, con un pizzico di David Bowie
Radio Sky è un brano disco che nasce da un doppio riff insistente e volutamente invariato: quello ritmico, dato un mix di chitarra, beat, synth ed effetti vari, e quello vocale, dove si sente ripetere ad oltranza un mantra che recita shine, cry, goodbye, Radio Sky, quattro parole che nel loro minimalismo hanno l’intento di ripercorrere i momenti fondamentali della vita umana: le gioie, i pianti, gli addii; la speranza in qualcosa di più grande che non li lasci svanire nel nulla.
A rafforzare questa visione spirituale ed esistenzialista è la seconda parte del testo, anche questo ripetuto: is this who we are? How did we get this far?, ovvero, è questo che siamo? Come siamo arrivati fino a qui?, domande che sembrano poste sul procinto di un cambio di dimensione.
Se la voce resta statica per tutto il pezzo – evidente in essa l’influenza di Bowie, del quale Valente ha realizzato una cover di The man who sold the world nel suo ultimo EP, Controllo (2020, Dischi Soviet Studio) -, l’arrangiamento cresce, si espande, si illumina, per poi scemare in leggeri schiocchi di dita e un arpeggio di chitarra elettrica. Tra new wave, elettro-pop e disco, con Radio Sky Valente lascia dietro di sé, almeno per ora, l’approccio rock e distorto di Controllo, verso un mondo più dance e internazionale, distinto anche dalla scrittura in lingua inglese.
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La recensione Radio Sky di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-01-23 10:23:00
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