Un concept album sui sette vizi capitali.
Un concept album sui sette vizi capitali. Un’idea folle. Persino un filino pretenziosa. Sa di magniloquenza, di retorica, di enfasi e pomposità a oltranza. Oggettivamente, non è una bella idea. Però è un’idea di Porfirio Rubirosa, il dadaista, il situazionista, il distributore h.24 di citazioni colte (còlte?). Ed è quanto basta.
Sono trascorsi tre anni da Breviario di teologia dadaista e non sono passati invano. Se quell’album soffriva, sia pur in modica quantità, di qualche imperfezione dal punto di vista della produzione e degli arrangiamenti, questa volta il Rubirosa (al secolo Giovanni Albanese) è corso ai ripari, affidando le chiavi di Il furore composto a Fabio Merigo. Che di produzione se ne intende, leggasi le collaborazioni con Giuliano Palma, Reggae National Tickets, Tormento, Tricarico… L’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto. Bastava una spinta per il salto di qualità. Che poi, più che una spinta, può considerarsi un salto in avanti, un volo a planare, un tuffo dove il mare è più blu. E vai con le citazioni…
Merigo lascia che il suono del cantautore veneto si perda tra le lande di una terra senza confini, che abbracci senza starci troppo a pensare il punk dei Clash, il valzer, il synth pop, gli anni ’60 di Ennio Morricone e di tutti quei grandi musicisti che misero le ali alla canzone italiana dell’epoca. Il tutto tra spifferi di prog, elettronica, folk, visite guidate in direzione canzone d’autore, it-pop di contorno, suoni in levare. Senza strafare, anche se gli arrangiamenti risultano comunque vivaci, messi a fuoco, a volte spumeggianti e, comunque, sempre assai curati. Che è un po’ la forza di questo disco. Non l’unica. Le citazioni, appunto. Già detto dei Clash (The Guns of Brixton o London Calling?), tra le sette tracce dell’album rimbalzano i Beatles di A Day in the Life, i Pink Floyd di The Great Gig in the Sky (più o meno…) e di Time (idem), gli Offlaga Disco Pax di Odio cortese. Anche i testi fanno incetta di omaggi: a Jack Kerouac, Dino Buzzati, Lucio Dalla, Dante Alighieri, Omero. Inseriti in un discorso ampio, che usa come un grimaldello i vizi capitali per intercettare paure e debolezze umane. Il tono è quasi sempre ironico e scanzonato, pieno di no-sense, che è un po’ la specialità della casa (“Ho paura del futuro, di un licenziamento prematuro, di finire sotto un ponte o incornato da un rinoceronte”), di rime più o meno perfette. In compenso, Albanese si fa serio quando ricorda il padre nella struggente Un iracondo, diventando perfino duro (“Ti devo soltanto la mia ossessione di essere il contrario di te in ogni mia azione”).
Lussuria, gola, avarizia, accidia, ira, invidia e superbia. I sette vizi capitali non li aveva mai raccontati nessuno con tali modalità. Porfirio Rubirosa, sai che fai venir voglia di peccare più di quanto madre Chiesa possa sopportare? Perché vuoi spedirci tra le fiamme dell’inferno?
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La recensione Il furore composto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-04-01 20:24:00
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